Donna sgozzata a Vertova, senegalese incastrato dalla prova del Dna

Ali Ndiogu, 40 anni, è in stato di fermo perché sospettato di essere l'assassino di Maria Grazia Pezzoli, l'imprenditrice di 45 anni uccisail 24 luglio scorso nella sua casa di Vertova, nel bergamasco

Donna sgozzata a Vertova, senegalese incastrato dalla prova del Dna

Bergamo - E' stato incastrato dal test del dna Ali Ndiogu, questo il nome del senegalese di 40 anni che da ieri si trova in stato di fermo nel carcere di Bergamo perché sospettato di essere l'assassino di Maria Grazia Pezzoli, l'imprenditrice di 45 anni uccisa a coltellate il 24 luglio scorso nella sua abitazione di Vertova, nel bergamasco. I carabinieri del Ris di Parma, cui sono state affidate le indagini scientifiche, non hanno dubbi: le tracce di sangue trovate all'esterno e all'interno dell'abitazione di via Cinque Martiri appartengono all'immigrato, un ex dipendente della Val.Cop., l'azienda della quale la vittima era titolare insieme al marito Giuseppe Bernini.

Per gli inquirenti, la svolta nelle indagini si era avuta due giorni dopo il delitto, grazie al ritrovamento di un lembo di pantalone intriso di sangue e di sudore, trovato in un'aiuola ad Albino (Bergamo), in una zona abitualmente frequentata da extracomunitari. All'interno c'erano delle foto tessera tagliate del marito della vittima, rubate nel febbraio del 2006 a Giuseppe Bernini insieme ad un borsello contenente soldi e documenti.

Dopo pochi giorni, i carabinieri hanno accertato che le impronte lasciate sulle fotografie corrispondevano a quelle trovate sul luogo del delitto, che le macchie di sangue appartenevano a Maria Grazia Pezzoli e che quelle di sudore erano invece dell'uomo che si era ferito nei pressi dell'abitazione della vittima. Da subito, dunque, gli inquirenti hanno indirizzato le loro ricerche su un immigrato di colore, tra i dipendenti e gli ex dipendenti della ditta, e nelle scorse ore è arrivata la conferma. Nei giorni successivi al delitto erano state ascoltate o semplicemente convocate in caserma almeno un centinaio di persone, alle quali erano stati prelevati dei campioni di saliva; tra queste c'era anche Ali Ndiogu.

L'uomo ha lavorato per la ditta dei coniugi Bernini dal 2000 al 2004: da tempo aspettava un risarcimento economico per una causa di lavoro, dopo un infortunio subito nel 2003. Il giorno del delitto il senegalese è stato visto da almeno quattro persone tra le 13 e le 14, vale a dire un paio d'ore prima del ritrovamento del cadavere: l'immigrato si sarebbe presentato nell'abitazione dei Bernini forse per chiedere del denaro, ma secondo gli investigatori è possibile che al rifiuto della donna, l'uomo abbia perso la pazienza, fino a colpirla per trenta volte al petto e alla gola. L'arma del delitto non è stata trovata, ma secondo gli inquirenti non è determinante per il prosieguo delle indagini.

L'indagato è stato intercettato ieri a Gandino (Bergamo). Dovrà rispondere di omicidio pluriaggravato da futili motivi e crudeltà. In Italia da circa dieci anni, Ali Ndiogu è incensurato, in Senegal vivono sua moglie e la figlia.

Abitava a Leffe insieme con un connazionale, che ieri è stato ascoltato dagli inquirenti e poi rilasciato. Al momento non ci sono altri indagati, ma gli accertamenti sono ancora in corso. Ali Ndiogu non è ancora stato interrogato: lo farà il gip forse lunedì, quando dovrà esprimersi sulla convalida del fermo. 

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