«Dicono che noi donne vivendo in casa viviamo senza pericoli e che l'uomo ha i pericoli della guerra. Ragionamento insensato. Vorrei tre volte trovarmi nella battaglia anziché partorire una volta sola».
Parla Medea, tragica eroina di Euripide, in un celebre j'accuse sulla condizione femminile nel mondo greco. La storia però non è fatta di finzione e oggi la riflessione di Medea ci appare come l'emblema di un universo femminile che nel mondo antico difficilmente ebbe l'opportunità di dire la sua.
Pochi i documenti lasciati da una storiografia interamente declinata al maschile: eccezion fatta per sporadici nomi, come Saffo, Cleopatra, Teodolinda, Galla Placidia, Livia o la bella Lesbia amata da Catullo, la presenza dell'altra metà del cielo nel mondo antico è sfuggente. Ci voleva allora la determinazione di Donatella Caporusso, conservatore del Museo Archeologico di Milano, per inaugurare proprio oggi una mostra sul tema «Figli, madri, mogli e concubine. La condizione femminile nel mondo antico». Il titolo suggerisce come la donna, dagli egizi al periodo medievale, non abbia avuto una sua dignità personale, ma solo in rapporto all'uomo o alla famiglia di appartenenza.
Allestita nel piano inferiore del museo, la mostra espone al pubblico alcuni tesori. Spicca il «Ritratto di Palmira» del II secolo dopo Cristo che effigia il volto nobile e imbellettato di una giovane della città siriana. Proveniente da una collezione privata e ora di proprietà del museo, è per la prima volta visibile a tutti. Dall'Egitto romano del I secolo dopo Cristo proviene un altro bel ritratto di donna, utilizzato per coprire il volto mummificato di una ricca signora. Significativi poi i reperti del periodo greco: in una coppa usata nei banchetti, si vede un uomo che afferra con forza il capo di una donna e con una mano tiene un sandalo pronto a colpirla.
Una rappresentazione che non ha bisogno di commenti per descrivere una civiltà, quella greca, così illuminata eppure così tremendamente misogina. Lo si nota anche dalle raffigurazioni di altre coppe esposte, come quella in cui i due amanti (uomini) siedono a banchetto allietati dalla cetra suonata da una donna, rigorosamente in disparte. «La Grecia antica fu il mondo della democrazia al maschile: le donne erano considerate alla stregua degli schiavi, specie ad Atene - spiega Caporusso -. La storia dell'arte ci ha tramandato rappresentazioni di intense figure femminili del mito greco come Medea, Aspasia, Demetra, ma non di donne vere: sono rare le pitture o le statue che le ritraggono».
Rimangono invece da ammirare le loro suppellettili e i gioielli, unica consolazione per chi viveva rinchiusa nel gineceo. Più libera e considerata fu la donna egizia e ancora di più lo fu quella etrusca, che aveva il diritto di passare il suo nome ai figli e, come registravano con orrore gli storici romani, di partecipare truccata di tutto punto ai banchetti con gli uomini.
Per cogliere la raffinatezza delle etrusche basta ammirare in mostra una delle loro ciste, il beauty-case dell'epoca: cilindrico e capiente, conteneva specchi, orpelli e cosmetici.
Articolata in due sezioni, la mostra analizza attraverso pannelli esplicativi e monili provenienti dal fondo dell'Archeologico i momenti salienti della donna nel mondo egizio, greco, etrusco, romano e altomedievale.
Figlie e madri, mogli e concubine. La condizione femminile nel mondo antico, Museo Archeologico di Milano, corso Magenta 15
Inaugurazione: oggi, alle 18 fino al 28 novembre dalle 9 alle 13, dalle 14 alle 17.30
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.