Il paradosso è questo: in molti Paesi islamici la legislazione si sta evolvendo, per garantire maggiori diritti alle donne, mentre in Europa cresce la poligamia. Il caso più eclatante è quello del Marocco, luogo dorigine del padre e della madre di Sanaa, giovane donna recentemente uccisa in Italia in quello che può essere senza mezzi termini definito un delitto donore. Il regno nordafricano ha dal 2004 un codice della famiglia, la Moudawana, in cui è scritto che la poligamia è permessa soltanto in alcuni rari casi e soltanto con il consenso di un giudice e della prima moglie; che letà minima per il matrimonio è 18 anni; che la donna può sposarsi senza chiedere il permesso del padre. A questo codice hanno lavorato assieme accademici, teologi, esperti di giurisprudenza. Per quella che è stata considerata una rivoluzione nel mondo arabo hanno lottato per decenni le donne marocchine, come racconta Fouzia Assouli, femminista e militante di vecchia data, presidente della Ligue Démocratique pour les droits de la Femme, che guarda con preoccupazione a quello che sta succedendo in Occidente.
In Europa la condizione delle immigrate sembra a volte essere peggiore di quella delle loro compagne nei Paesi dorigine, come il Marocco. Perché?
«Il problema non è culturale o religioso: è la strumentalizzazione politica della religione. Si cerca di utilizzare la religione per reprimere le donne».
In Inghilterra esistono tribunali coranici. Se ne è parlato anche qui in Italia...
«I tribunali devono rispettare i rapporti sociali, il diritto positivo, i diritti umani che sono universali: non si tratta di valori occidentali ma universali. Non esistono veri e propri tribunali coranici, da nessuna parte. Sono uninvenzione: anche nei Paesi più conservatori e religiosi sono sottoposti in qualche modo al diritto positivo. Nellislam ci sono diversi riti e interpretazioni, ci sono divisioni, i sunniti e gli sciiti, ci sono diverse scuole giuridiche, non esiste il clero come nella Chiesa cattolica».
Perché in terra dimmigrazione si tende a tornare indietro rispetto ai Paesi dorigine dove si va avanti con lotte per i diritti?
«Ci sono il razzismo, la vulnerabilità. Si cerca di trovare una ragione per il mal di vivere e correnti politiche attive tentano di sfruttare questa fragilità utilizzando la religione. Ci sono attivisti che vogliono indottrinare».
E cosa pensa del fatto che in alcune parti dEuropa i tribunali islamici siano tollerati dallo Stato?
«È pericoloso, è un passo indietro. Sono anni che nel nostro Paese si lotta per difendere le donne, i diritti umani, e non si può per il rispetto di una cultura legittimare la discriminazione. Abbiamo lottato 30 anni qui per avere questi diritti che non sono anti-islam. Le donne si sono battute in Europa, in Marocco, in Algeria... non dobbiamo tornare indietro con il pretesto del relativismo culturale».
Lavorate anche con le donne marocchine allestero?
«Sì, in Francia e Spagna organizziamo incontri e seminari con le immigrate. Spieghiamo loro le evoluzioni dei diritti nei loro Paesi dorigine. Spesso non ne sanno nulla.
In Italia stanno crescendo la poligamia e i matrimoni non registrati.
«E in Marocco invece i matrimoni devono essere trascritti per legge, civilmente, non ci sono unioni o contratti orali».
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