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Donne oggetto? Vanno trattate come opere d'arte

Mi arriva da un’amica, More­na Ferrini (in questo caso è giusto indicarne l’identità) uno sconcertante messag­gio, in un momento in cui si cerca di dare re­altà a menzogne: «Tu tratti le donne come oggetti... senza rispetto... usando». Cono­scendo la gentilezza dell’amica non capi­sco a cosa si riferisca e immediatamente la chiamo. Mi dice che ha sbagliato il destina­tario. E mi scrive immediatamente: «Amo­re perdonami, non era per te! Dio mio!». Un ulteriore equivoco scampato. Come quelli che riguardano la mafia a Salemi e i ritardi a Piazza Armerina. È occorso minor tempo per svelare l’in­ganno, ma io, sofisticamente, avevo già ini­ziato una difesa. In punto di diritto e di veri­tà. Io non tratto le donne come oggetti; an­zi, le amo intelligenti, autonome e polemi­che. Non mi piacciono le esaltate e investi­te di una missione come Sonia Alfano, ma­se questa è la antinomia - non rispetto solo le donne, rispetto anche gli oggetti, e come «conservatore» li ho sempre tutelati, pro­tetti, ben conservati. Spesso gli uomini trattano meglio gli og­getti delle persone e per molto tempo han­no curato le automobili più e meglio delle donne. E allora è comunque sbagliato equi­parare le don­ne agli oggetti in senso negati­vo o parlare di donna oggetto, perché ci so­no oggetti d’uso, ed è forse questa l’accezio­ne (ma, per quanto concerne l’uso, anche l’uomo può essere uomo oggetto)e ci sono oggetti da osservare, da contemplare, dei quali sentire lo spirito, come i monumenti e le opere d’arte. Un dipinto di Raffaello si rispetta almeno quanto una donna. E io l’ho sempre fatto. In tal senso, il riferimen­to all’oggetto non appare negativo. Grazie Morena.

*** 

È triste in Sicilia vedere continuamente scambiati i pettegolezzi con la verità. Il mio ruolo di Alto Commissario per i restauri del­l­a Villa Romana del Casale a Piazza Armeri­na ha la scadenza naturale al 30 giugno, in coincidenza con la auspicata fine dei lavori (24 maggio)e l’esaurimento dei fondi euro­pei «Por»). Tutto qua. Ogni interpretazio­ne, come sempre legata alla ricerca di un colpevole, non solo offende la mia lunga at­­tività, tenacia e indicazione delle linee gui­da dei lavori di restauro fin qui compiuti, ma scambia un obiettivo con un altro. I ri­tardi nei lavori, se- come io stesso ho temu­to - vi saranno, non dipendono dall’Alto Commissario- che non ha funzioni operati­ve, ma di indirizzo - ma dal direttore dei la­vori e dall’impresa, entrambi soggetti ri­spettabili e meritori, ma che hanno dovuto fare i conti con la limitatezza dei fondi (per l’eccesso di ribassi, non imposti da me), le incertezze meteorologiche,l’apertura del­la villa al pubblico. Variabili che non dipen­dono in alcun modo dall’Alto Commissa­rio.

L’unico problema è eluso;che,terminati i fondi, non saranno però terminati i lavori. Per i quali la Regione ha dichiarato l’indi­sponibilità di ulteriori finanziamenti. Per amore della causa e del suo buon fine, sol­tanto l’Alto Commissario ha individuato ( e ottenuto) fondi non spesi da alcune regio­ni (Poin) che potrebbero essere utilizzati per la Villa.
Nei giorni scorsi all’Ars, durante la di­scussione della legge finanziaria, è stata proposta,oltre la scadenza naturale dell’Al­to Commissario, una proroga per continui­tà verso la conclusione reale dei lavori e per il coordinamento dei richiesti fondi Poin. Tutto qua.

L’unico ritardo, veramente pericoloso, non è quello, dunque, dei lavori che reste­ranno comunque incompiuti, e per i quali ci si era dati una scadenza (per me, venial­mente, improbabile), ma quelli nella tra­smissione dei documenti per ottenere un nuovo contributo con me concordato; e an­che di questo ritardo io, che ho dato impul­so alla pratica, non sono responsabile.

Alle altre malignità non intendo rispon­dere.

Ho fatto, come tutti quelli che hanno lavorato come me, dall’architetto Rizzi al­l’architetto Meli, dall’architetto Rosa Oli­va, all’avvocato Ciquemani, tutto quello che potevo fare nel miglior modo possibi­le. Quando la Villa sarà finalmente riaper­ta, a lavori compiutamente portati a termi­ne, chiunque potrà vederlo e verificare fal­se queste ridicole e impertinenti accuse. 

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