Medicina

Doppio attacco all’ipertensione

Le nuove linee-guida invitano ad impiegare più di un farmaco per ottenere presto una diminuzione pressoria

Seimila cardiologi partecipano da ieri al diciassettesimo congresso della Società europea dell’ipertensione, che si svolge alla Fiera di Milano e presenta le nuove linee-guida, elaborate da un comitato di saggi sotto la guida del professor Giuseppe Mancia, cattedratico nell’Università di Milano e presidente di questo congresso. Mancia è stato folgorato, a Siena, dal magistero di Cesare Bartorelli. Ha seguito il suo maestro a Milano, dove è diventato - in pochi anni -il più autorevole esperto dell’ipertensione, noto e apprezzato a livello internazionale. Le nuove linee-guida europee riflettono (e non poteva essere altrimenti) l’impegno e l’esperienza della sua scuola. Ne riassumiamo i punti essenziali, che introducono nuovi criteri diagnostici e terapeutici.
La prima raccomandazione è di ricorrere spesso alla misurazione della pressione arteriosa. Bisognerebbe che i medici di famiglia lo facessero ogni volta che visitano un paziente, giovane o anziano, portatore di qualsiasi patologia, come avviene per legge in alcuni Stati del Nord Europa. Quanto ai valori da considerare «normali», le linee-guida 2007 sono tassative: è accettabile una minima di 90 ed una massima di 140; ma di fronte a un paziente che presenta fattori di rischio come diabete, obesità ed eccesso di colesterolo, bisogna scendere subito sotto la forbice 80-130.
Una novità è quella della microalbuminuria, un esame delle urine che rivela danni renali che possono essere la prima spia di un infarto o di un ictus futuri. Dal congresso milanese arriva infine un messaggio destinato a modificare profondamente le attuali strategie terapeutiche: per ottenere risultati soddisfacenti un solo farmaco non basta. I valori pressori tornano alla normalità quando si attua una terapia «di combinazione», con almeno due farmaci. Oggi vengono privilegiati gli inibitori del sistema renina-angiotensina. Molti studi clinici - condotti su più di diecimila ipertesi - hanno dimostrato che l’associazione tra uno di questi farmaci (valsartan) ed un calcio-antagonista (amlodipina) riduce la pressione arteriosa da venti a trenta punti, senza complicazioni e in ogni tipo di paziente: anche in coloro che presentano altri fattori di rischio, come il diabete di tipo 2 o che sono portatori della sindrome metabolica.

A questo tema, destinato a diventare dominante, il congresso dedicherà un’intera giornata di studi.

Commenti