Ibm rilancia forte sul piatto delle suite di tipo Office: Big Blue si dimostra estremamente pronta a sfruttare i problemi di Microsoft in materia, salta (un po’ tardivamente, a dire il vero) sul carro di OpenOffice.org - sancendo di fatto un’alleanza fino a qualche tempo fa impensabile con Sun - e attinge al lontano passato per lanciare Symphony, omaggio a un prodotto della linea Lotus di un quarto di secolo fa.
Andiamo per ordine: il casus belli di tutta la faccenda si è avuto all’inizio di settembre, quando l’Iso (International Organization for Standardization) ha negato a Microsoft la corsia preferenziale per rendere Office Open Xml (Ooxml) uno standard, innescando di fatto una reazione a catena a tutto svantaggio dell’azienda di Redmond.
Il formato Xml in salsa Microsoft non è piaciuto granché. Alla votazione di Ginevra non ha raggiunto il quorum: l’organizzazione ha respinto il tentativo di Redmond di usare un altro set di specifiche - quelle di Ecma International - per dare a Ooxml una corsia preferenziale verso l’approvazione. La seconda chance, senza corsia preferenziale per Ooxml, arriverà a febbraio. Microsoft non può perdere il treno, visto che Ooxml è il formato dell’intera suite Office 2007. Il rischio è di essere estromessi mercato delle suite di produttività per le Pubbliche amministrazioni, che chiedono di costruire e accedere ad archivi informatici utilizzando formati che non le leghino con i vendor di specifici software. Di qui la corsa allo standard: OpenOffice.org, progetto patrocinato da Sun che nel tempo ha trovato molti sostenitori, l’ha già vinto con l’Open Document Format, che è uno standard Iso.
La mossa di Ibm...
Di Open Document Format, Ibm è un sostenitore della prima ora. Le disgrazie di Office - o meglio, la prospettiva di erodere a Microsoft quote di mercato - portano anche Ibm sulla barca di OpenOffice: è questo l’effetto di maggior rilievo della votazione di Ginevra. Big Blue si è decisa al grande passo: contribuirà alla causa donando porzioni di codice di Lotus 8. Doug Heintzman, responsabile delle strategie per la divisione Lotus in seno a Ibm, ha dichiarato: «Ibm ha usato codice del progetto [OpenOffice.org] per Lotus 8, e ora contribuirà con proprio codice e con gli sforzi per integrare OpenOffice con Lotus stesso». E commentando le decisioni dell’Iso, ha aggiunto: «Sì, ha influito sulla nostra decisione. Pensiamo sia giunto il momento di attirare nel progetto OpenOffice un numero ancor maggiore di realtà». La traduzione è chiara: ci siamo anche noi.
E la conferma si è avuta a stretto giro di posta, con il lancio di Symphony. Che usa gli stessi formati di OpenOffice, è gratuito, disponibile per Windows e Linux (attualmente in beta e solo in lingua inglese: è prevista a breve anche una versione per Mac) e potrebbe essere un’arma non da poco nelle mani di Ibm.
Nelle dichiarazioni di Ibm, l’adozione di Odf «consente alle aziende di creare documenti longevi, non sottoposti all’obsolescenza dettata dal mercato, senza legare l’utente a formati proprietari, contratti di licenza o obblighi d’aggiornamento».
...e quella di Google
Fine delle minacce per Microsoft? No. Google ha presentato infatti un altro tassello della propria strategia di produttività office on-line iniziata più di un anno fa con l’acquisto di Writely, arricchendo Google Docs con uno strumento per le presentazioni. E iniziando a distribuire in Google Pack la suite StarOffice 8, la versione a sorgenti chiusi di OpenOffice.
Google non ha mancato di applaudire la bocciatura (provvisoria, va ricordato) dell’Iso contro Microsoft. Sul blog del responsabile dei progetti open source in quel di Mountain View, Zaheda Bhorat, si legge: «Bisogna raggiungere gli standard tecnici in maniera trasparente, in maniera aperta e basandosi su criteri di eccellenza. Pensiamo che sia necessario essere indipendenti da ogni tipo di pressione commerciale». Per Bhorat è dunque stato giusto negare il via libera a Ooxml. Che sarebbe stato portato al voto con il peccato originale di non essere compatibile con Odf, uno standard già approvato. E che presenterebbe «troppe funzioni non documentate che ne impediscono la corretta implementazione da parte di altri vendor; un’accentuata dipendenza da formati proprietari Microsoft, nonché alcuni difetti tecnici».
Ma tocca a Ibm vestire i panni del trionfatore di giornata.
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