Dortmund, il segreto dei panzer «In quello stadio non perdiamo»

Il vice di Klinsmann: «Campioni del mondo battendo l’Argentina, adesso dobbiamo vincere il titolo europeo»

Roberto Bonizzi

Un talismano di nome Westfalen stadion. I tedeschi hanno un segreto sulla strada per la finale. Lo stadio di Dortmund, «La Scala» del calcio tedesco, è l’amuleto di una squadra e di un popolo: undici partite, un solo pareggio. Per il resto solo vittorie. «È il nostro portafortuna - ammette Cristoph Metzelder, difensore centrale della Germania e del Borussia Dortmund -. Quella contro l’Italia sarà una bella battaglia, ma il pubblico di Dortmund ci darà la spinta decisiva: è lo stadio più caldo di tutta la Germania, la gente della Ruhr vive il calcio con straordinaria passione. Per noi è un bastione inespugnabile, è il nostro portafortuna».
Jurgen Klinsmann, che della cabala non si fida, cerca di preparare il match con l’Italia in modo scrupoloso. Ieri niente allenamento, il ct ha concesso un pomeriggio di riposo annullando la seduta prevista per le 17 a Berlino. Dopo un summit con lo staff tecnico e i giocatori, il tecnico ha deciso di lasciare un altro giorno libero: solo stretching ed esercizi con le macchine in palestra. Le tossine nei muscoli dei tedeschi dopo la sfida con l’Argentina non sono ancora smaltite. Stanchezza, ma nessuna preoccupazione. Per la semifinale stanno recuperando anche i due uomini simbolo della Germania, il capocannoniere Miroslav Klose e il capitano Michael Ballack, costretti a lasciare il campo durante i quarti per problemi ai polpacci.
Di tattica si occupa invece Joachim Löw, vice di Klinsmann in panchina. Sotto l’improbabile chioma corvina, prima ha sparato una battuta: «Siamo già campioni del mondo da un paio di giorni, adesso dobbiamo diventare campioni d’Europa». Riferimento al successo sull’Argentina e alle quattro squadre del vecchio continente rimaste a giocarsi il titolo. Secondo Löw i tedeschi non devono pensare al 4-1 rimediato a Firenze a marzo: «Quella partita non esiste: non ne teniamo conto neanche per un secondo. Non cerchiamo vendette perché quel 4-1 non esiste». Quindi il vice allenatore parla con rispetto dell’Italia: «Ha sempre convinto: ha una difesa solida, con una base accurata e commette pochissimi falli. È una grande squadra, con tanta qualità. Gli azzurri non perdono mai la calma e aspettano l’occasione giusta: credo non cambieranno fisionomia». L’ultimo pensiero va all’aspetto psicologico: «Lo scandalo ha avuto un effetto positivo. E la vicenda Pessotto li ha uniti ancora di più: lo spirito di gruppo è aumentato».
L’amalgama dello spogliatoio tedesco non è da meno. Quasi militare. «Siamo subordinati a un obiettivo e lo sentiamo vicino - annuncia Tim Borowski, centrocampista del Werder Brema -. Non ci fermeremo ora». Sicurezze a grappoli. Anche se un’altra statistica (questa sì favorevole agli azzurri) dice che l’Italia non ha mai perso contro la Germania ai mondiali. «Loro hanno dei motivi tattici molto rigorosi, severi - analizza Borowski -.

Anche qui all’inizio non erano brillanti, poi hanno risolto le cose anche all’ultimo secondo. Per noi in passato è stato sempre difficile incontrarli, ma penso che stavolta abbiamo le carte giuste per batterli». Si vedrà domani se il mazziere avrà fatto un buon lavoro.

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