Cera una casa abusiva, sulla spiaggia di Torre Faro. Ottanta metri quadri di cemento spoglio piazzati in mezzo allarea che dovrà, prima o poi, accogliere un pilone del Ponte. Ci sono voluti 26 anni e centinaia di lettere e proteste prima che i tecnici del comune la abbattessero.
A Messina le cose, soprattutto se in mano alla pubblica amministrazione, si muovono lente. A cominciare dalla stessa nomina di chi le «cose» è chiamato ad amministrarle. Nel giugno scorso il circo nazional-mediatico legato alle elezioni amministrative era ormai sbaraccato, e ancora sui tabelloni in tv le percentuali del voto a Messina erano rappresentate da un punto di domanda. Giuseppe Buzzanca, medico e storico esponente aennino della città, vide confermare la sua vittoria con giorni di ritardo rispetto a tutti i colleghi. Ma il ritardo della nomina non sembra aver portato sfortuna, visto che Buzzanca è ancora oggi al suo posto: nel 2003, quando arrivò per la prima volta alla guida di Palazzo Zanca (dove oltre alla foto del presidente della Repubblica un impiegato ne aveva attaccato anche una di Totò Riina) durò solo un paio di mesi prima di decadere per una condanna per peculato duso. Dal 2003 a oggi si sono alternati alla carica di primo cittadino un commissario, poi un altro sindaco, il margheritino Francantonio Genovese (questa volta fatto fuori dal «fuoco amico», una guerra legale interna ai socialisti siculi) quindi un altro commissario, Gaspare Sinatra, che doveva avere anche lui qualche nemico nei centri del potere, visto che si è trovato microspie e microtelecamere nellufficio (si consoli, successivamente accadde anche allinterno della stessa procura di Messina).
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