Dove mangiare bene a Venezia

Non capita tutti i giorni di vedere un ex-ministro della cultura e la «patron» (ecco un'altra parola che non esiste al femminile) di un ristorante discutere dell'ideale consistenza della pannacotta, o dell'opportunità di accompagnare uno sformatino di panettone con delle quenelles di mascarpone, o ancora trascorrere ore a stabilire insieme il menu di un evento. Jean-Jacques Aillagon, ex-ministro della Cultura francese, ex presidente del Centre Pompidou a Parigi, ora alla guida di Palazzo Grassi a Venezia, ha eletto il Vecio Fritolin di Irina Freguia «ma cantine à Venise», ovvero la sua mensa, la succursale della cucina di casa, quel luogo consolatorio dove cercare il conforto del cibo e la tenzone giocosa ma in fondo serissima del dibattito culinario.
Aillagon, una passione per la cucina e una nomea di ottimo cuoco, apprezza il carattere quotidiano che Irina sa imprimere al suo locale, l'ultimo dei «fritolini» veneziani, antiche friggitorie di pesce da asporto servito in un cartoccio di carta. Irina, una carriera nel lancio di locali, dal bar Sottosopra a Crepizza sino al Vecio Fritolin che guida dal 2001, ha ripreso la tradizione dello «scartosso» di pesce fritto, street-food veneziano altrimenti scomparso, che naturalmente è possibile ordinare e gustare anche seduti al tavolo - e quando il vicino mercato di Rialto è chiuso e manca la paranza di giornata, Irina sa indirizzare abilmente il suo giovane cuoco, il 26enne Mauro Cautiello, verso un fritto di bocconcini di coda di rospo e carciofi «rigorosamente con olio di oliva», sottolinea lei, che ha un sorriso contagioso e porta come una firma gli occhiali colorati sempre in nuance con il foulard annodato al collo.
Il tratto distintivo, rincuorante e ristoratore di questa cucina è una garbata, educata quotidianità: il baccalà mantecato sulla polentina bianca, personalmente, ci colpisce come una madeleine di proustiana memoria, rimbalzandoci in braccio alla nonna. La creatività si esplica in alcuni abbinamenti ma il lato preponderante resta la scelta degli ingredienti e la semplicità dell'esecuzione: le canoce (cicale di mare) tiepide servite con i carciofi, le capesante accompagnate dallo sformatino di broccoli, le tagliatelle all'uovo fatte in casa (come anche il pane) condite con granchio e radicchio, i bocconcini di spada con salsa allo zenzero che sono un omaggio al ruolo della Serenissima nella diffusione delle spezie. Il menu cambia tutti i giorni come l'offerta del mercato, ma il carattere resta quello, coerente, che ha affascinato il parigino Aillagon tanto da chiamare Irina a condurre la ristorazione di Palazzo Grassi («per fortuna lì la cucina è più semplice», commenta Irina, sollevata: a parte gli eventi per cui lei e Aillagon passano giorni ad accordarsi sul menu, con «un incontro tra Venezia e Marsiglia, il risotto al profumo di bouillabaisse»).
Ma dove va a mangiare l'ex-ministro gourmet e neo-veneziano quando tradisce Irina? Aillagon ci pensa, non sono molti i luoghi eletti che dribblano i percorsi turistici. A dispetto del nome, la Fiaschetteria Toscana, gestita da oltre trent'anni da Albino e Mariuccia Busatto. Mariuccia, che è l'artefice dei dolci, non perde le occasioni di aggiornamento. Altro indirizzo ricco di storia, sempre a gestione famigliare, dove trovare una cucina veneziana autentica, è Le antiche carampane. Scelto, oltre che per la cucina di pesce, anche per l'ottima cantina voluta dal patron Cesare Benelli: Al Covo, dietro la riva degli Schiavoni. Tra le vecchie osterie, al Mascaron, vicino a Santa Maria Formosa. Il tutto, sapendo che Venezia è labirintica, che i numeri degli indirizzi non aiutano, anzi, e che i veneziani a cui chiedere indicazioni scarseggiano e latitano.
Se poi si ha tempo per esplorare la terraferma, il trevigiano Giovanni Chiades, giornalista del Gazzettino e direttore di Papageno, rivista dedicata all'enogastronomia dell'Alpe Adria, ha appena pubblicato la nuova edizione della guida «Nordest a tavola 2007» (Terra Ferma editore, 18 euro, www.terra-ferma.it), con uno spirito assai in sintonia con quello con cui Aillagon indaga l'offerta gastronomica del capoluogo. Chiades e i suoi collaboratori tralasciano volutamente i ristoranti blasonati («quelli di cui tutti hanno già sentito parlare») per avventurarsi nell'esplorazione e nella scelta di «buoni locali», «dove si sta bene», ovvero «dove si mangia e beve bene in un contesto piacevole, pagando un conto corretto».
Ogni provincia del TriVeneto ha un «locale del cuore», contrassegnato dal logo del titolo, che incarna i criteri del curatore della guida. In provincia di Venezia il cuore va al Bacaro di Noventa di Piave, spartano ma accogliente (la cucina è aperta fino alle 23, spesso oltre), con una raffica di antipasti tra cui il musetto, e gli immancabili bigoli all'anatra o in alternativa con salsiccia e radicchio.
Risalendo da Venezia verso Treviso, con la scusa d'arte delle ville palladiane, il sole di Chiades va all'osteria Jodo di Maser: elegante ma informale, a due passi da villa Barbaro, delizia con il radicchio di Treviso marinato con lombo di coniglio alle erbe, il polpo caldo con le patate, i bigoli con carciofi, pancetta e pecorino.

E va da sé, mano a mano che ci si allontana dalla Serenissima, si rasserena leggermente anche il conto.

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