Draghi avverte: «Il debito può contagiare le banche»

Il presidente di Unicredit, l’austriaco «con cuore bavarese» Dieter Rampl, ieri è caduto in una contraddizione. Alla presentazione del nuovo amministratore delegato, Federico Ghizzoni, tra i giornalisti aleggiavano molte curiosità sull’uscita traumatica di Alessandro Profumo, di cui lo stesso Rampl, specie nell’ultimo periodo, è stato un oppositore. Alla domanda sul perchè il creatore di Unicredit se ne sia andato, la risposta è stata molto evasiva: «C’era un’intesa perché lasciasse dopo 15 anni, lo aveva annunciato lo stesso Profumo. É stata una separazione di comune accordo». Ma se si trattava di una separazione consensuale, che bisogno c’era di sfiduciare Profumo in un cda straordinario?
Quello che il presidente di Cassamarca, Dino De Poli, ha definito «presidente ornamentale, e pure senza tanti ornamenti», negli ultimi tempi ha visto aumentare il suo peso specifico nel gruppo; e ieri ha dichiarato: «Siamo una banca internazionale con sede in Italia. Lo siamo sempre stati e continueremo a esserlo in futuro». Una frase che, analizzata, si presta a varie sfumature d’interpretazione.
Il protagonista, comunque, ieri era Ghizzoni, che nella sua prima uscita nella nuova carica è stato apprezzato per lo stile semplice e concreto. L’impressione ricavata è di una nomina in continuità: «Porteremo a regime i grandi progetti, soprattutto in Italia», l’ottica di principio è, ovviamente, quella «della massima attenzione ai clienti». «Il rapporto con i territori, la presenza all’Est non si discutono». «Entro l’anno porterò un business plan al consiglio». Il nuovo amministratore delegato ha fatto un’ampia panoramica, senza sottrarsi alle domande: la via della crescita «vedrà maggior sviluppo all’Est che all’Ovest». «All’Est cambierà leggermente la strategia, con una maggior concentrazione sui Paesi maggiori». Finora era proprio Ghizzoni il responsabile dell’Est Europa: chi gli succederà? Nessun problema, ha rassicurato, «ci sono ottime risorse in grado di succedermi». Sarà perseguita una «semplificazione dei processi interni per essere più vicini alla clientela». A proposito dei suoi colleghi il vice-ad di Profumo, ha parlato di un «team unito e compatto, mi auguro continuerà così». E il direttore generale? «Questione di giorni più che di settimane». Sarà un manager, «guarderò innanzitutto all’interno». Non è ancora deciso se a questo ruolo sarà chiamata «una persona o due».
Ghizzoni ha parlato di Unicredit come di «modello di successo», anche se in futuro si punterà a essere «più selettivi nell’allocazione del capitale e nelle strategie». Unicredit, grazie anche alla sua diversificazione geografica, è stata «una delle poche banche d’Europa a superare la crisi senza aiuti di Stato», e a non chiudere alcun trimestre con risultati in perdita. Ha poi assicurato: «non esistono interferenze politiche. Il mandato è quello di lavorare per risultati positivi».
Allo stato «non sono in dicussione acquisizioni, ma non sono da escludere nei prossimi 3-5 anni». Mentre il modello di business dovrà essere «aperto alla multicanalità». Per esempio, in Russia non ha senso puntare solo sulla crescita degli sportelli, ci sono altri modi per conquistare i clienti. E la Libia? «É un investitore che crede nel gruppo, di lungo termine, non interferisce nelle politiche della banca. Non ho una visione negativa». L’attenzione al territorio? «Non avremmo successo altrimenti». Quanto alle partecipazioni, non cambia nulla: né in Rcs, né in Mediobanca, che è strategica.

Anche il business di Pioneer resta strategico per il gruppo, con la ricerca di un partner.
Una domanda a Rampl sulla risposta ancora anodina a Bankitalia sul reale peso delle partecipazioni: «Gli avvocati stanno analizzando la documentazione. Stanno discutendo quali documenti vadano raccolti ancora».

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