Sport

Dramma nel ciclismo: muore Galletti

Pier Augusto Stagi

Non si può nemmeno più morire senza destare sospetto. Soprattutto nel ciclismo, in particolare nello sport di oggi. Anche questo è un segno tremendo dei tempi che stiamo vivendo e che Alessio Galletti, professione ciclista, 37 anni, pisano, non vivrà più. Alessio Galletti è morto ieri pomeriggio, in corsa, mentre partecipava alla 29ª edizione della «Subida al Naranco», nelle Asturie, in Spagna. Una riga di agenzia, con la dichiarazione degli organizzatori: «è rimasto senza respiro», si legge in quella nota di agenzia che il respiro letteralmente lo toglie. A 15 chilometri dal traguardo, quando la strada saliva verso La Manzaneda, il corridore toscano che per anni è stato fido compagno di squadra di Mario Cipollini, pilotando nel "treno" Saeco prima e in quello dell'Acqua & Sapone poi, il più forte velocista degli ultimi venti anni, si è sentito male e si è accasciato al suolo. Il corridore è stato portato all'ospedale centrale delle Asturie, ad Oviedo, dove è giunto già privo di vita.
Alessio Galletti era nato il 26 marzo 1968 a Cascina, in provincia di Pisa, e viveva a Musigliano con la moglie Consuelo, in attesa di un bimbo, e il piccolo Marcus di un anno, ed era passato al professionismo nel 1994. Nel 1998 il primo successo, nella prima tappa del Tour de l'Ain con i colori della Amore&Vita, mentre nel 2001 ottenne la sua seconda vittoria nella terza tappa del Tour Down Under con la maglia della Saeco. Nel 2003, sempre con la Saeco, si mise in luce vincendo la Due Giorni Marchigiana/Gp Fred Mengoni davanti al danese Bohee Hamburger e chiudendo al nono posto la volata finale Coppa Bernocchi. Lo scorso anno arrivò 89° al Giro d'Italia ottenendo un 20° posto nella cronometro Trieste-Altopiano Carsico. Nella stagione attuale aveva partecipato alla Milano-Sanremo collezionando un 122°posto. Risultati modesti, per un corridore che diventava fondamentale nell'economia della squadra. Era un buon corridore, uno di quegli atleti preziosi e soprattutto utili alla causa del capitano. «Sto male, mi sento gonfio, non riesco a respirare». Queste le ultime parole pronunciate dal corridore che quest'anno militava nella Naturino di Vincenzo Santoni. Parole rivolte al moldavo Igor Pugaci che stava pedalando accanto a lui, in un gruppo di una trentina di corridori che si era appena staccato dai migliori (vittoria finale di Rinaldo Nocentini, che alla notizia della morte del corridore pisano ha detto: «E adesso chi ha più voglia di festeggiare?» ndr). «Ha detto «Sto male, non respiro più», poi si è fermato, è sceso dalla bicicletta e si è seduto a terra. Un attimo ed è caduto all'indietro ed ha perso conoscenza». A raccontare gli ultimi momenti di vita di Galletti è Giuseppe Lanzoni, direttore sportivo della Universal Caffè, formazione in cui corre Pugaci, uno dei testimoni del decesso del toscano. «Quando hanno visto Galletti finire a terra - ha detto Lanzoni - i corridori che erano con lui si sono fermati ed hanno tentato di aiutarlo. Poi è arrivata l'ambulanza, ma Galletti aveva già smesso di respirare».
Oggi, a Oviedo, il corridore sarà sottoposto ad autopsia. Inutile dire che attorno a questo nuovo caso di morte aleggerà la cappa del sospetto, in particolare per via di quell'inchiesta aperta dalla Procura di Roma nella quale Alessio Galletti era finito con l'accusa di traffico di materiale illecito. Ognuno potrà pensarla come vuole, ognuno potrà trarre le sue conclusioni.

Si sappia, però, che all'età di 58 anni, suo padre Edo, morì per lo stesso motivo: infarto.

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