Abbiamo una naturale diffidenza verso quei politici che ci spiegano nel dettaglio i problemi che già si conoscono e si fermano, poi, attoniti e impacciati davanti al dovere di indicare una terapia. Se tra quei politici cè, poi, anche il ministro dellEconomia la diffidenza si trasforma in preoccupazione grave per il Paese. È stato questo il senso dellaudizione che il ministro Padoa-Schioppa ha tenuto dinanzi alle commissioni Bilancio di Camera e Senato. Un misto di cose straconosciute da anni e un sottofondo di impotenza sussurrata. La persona di Padoa-Schioppa è, naturalmente, fuori discussione così come quella del professor Faini, estensore della famosa «due diligence» sui conti pubblici che altro non è che una serie di previsioni con tanti se e tanti ma, corredata anchessa da notizie stranote a tutti. Padoa-Schioppa e Faini ci hanno, infatti, detto che la spesa degli enti locali è aumentata così come la spesa sanitaria che nel solo 2005 presenta un deficit di 4,5 miliardi di euro e che con il rialzo dei tassi ci sarà un aumento della spesa per interessi pari a 1,2 miliardi di euro. Mancano poi i soldi allAnas e alle Ferrovie, così come non si conosce ancora ladesione al concordato fiscale (previsione di gettito 2 miliardi di euro) mentre lincremento della produttività del lavoro perde colpi anno dopo anno e la crescita economica dellItalia è dal 95 di gran lunga inferiore a quella media della zona euro.
E nonostante tutto questo, il rapporto deficit-Pil passerebbe dal 3,8 previsto allinizio dellanno al 4,1 per cento ma forse anche al 4,3 per cento e chissà forse anche al 4,5 per cento. La correzione necessaria dei conti pubblici dovrebbe essere di 0,8 per cento del Pil per questanno e altrettanto per il 2007 e, sempre a giudizio del ministro dellEconomia, non cè risanamento senza sviluppo. Fine della trasmissione. Una carrellata, la nostra, che ripete fedelmente i punti essenziali dellesposizione di Padoa-Schioppa in Parlamento e che non indica neanche un rimedio, una iniziativa, una idea. Nulla di nulla. Eppure sono più di trenta giorni che il governo è nato e in queste settimane altro non ha fatto che parlare del buco nei conti pubblici senza poi fare assolutamente nulla. Anzi, ci viene detto che la manovra correttiva sarà presentata nel mese di luglio. Tanto, che urgenza cè! Ad agosto poi andiamo tutti al mare e quei provvedimenti, se mai vedranno la luce, incideranno solo sulla spesa di un terzo dellanno. Complimenti per lurgenza e per la chiarezza.
Padoa-Schioppa e con lui Faini non ci hanno detto, ad esempio, qual è il livello dellindebitamento vero delle Regioni, dei Comuni e delle Province disaggregando questa grandezza dallinsieme dellindebitamento delle pubbliche amministrazioni. E non cè chi non veda limportanza di conoscere questa grandezza che vede gli enti locali indebitarsi a gogò avendo già nelle proprie mani i due terzi della spesa corrente primaria. Né ci dicono, Faini e Padoa-Schioppa, lo stock del debito sanitario delle Regioni che, a nostro giudizio, supera i 10 miliardi di euro, molti dei quali cartolarizzati per la gioia delle banche daffari. Ci diranno che queste grandezze sono già dentro lindebitamento netto delle pubbliche amministrazioni. È vero, ma la sua disaggregazione ci direbbe con certezza dove dobbiamo intervenire e in che misura. Ragionare, invece, su di un dato aggregato è come ragionare sul nulla facendo scandire lagenda del che fare più dalle parti sociali che da una propria valutazione politica. Non è questa la concertazione. Questa rischia di essere solo una scrittura sotto dettatura. E il dramma, poi, è che nessuno è capace di dettare.
È giusto, ad esempio, dire che senza crescita non cè risanamento che tenga (sono anni che lo predichiamo da queste colonne) ma dirlo senza spiegare il come è rincorrere la luna. Lo stallo «terapeutico» del governo è apparso ieri in tutta la sua gravità ed è la spia più autorevole delle contraddizioni che attraversano lintera maggioranza. Non vorremmo, e lo diciamo con forza e chiarezza, che a fronte di questo blocco terapeutico e della conseguente crescita del debito si mettesse ancora una volta mano a vendere quel che resta dellEni, dellEnel, della Finmeccanica e via di questo passo. Sarebbe unaltra rapina della ricchezza vera del Paese come avvenne nella seconda metà degli anni Novanta durante i quali vendemmo aziende pubbliche per 150 miliardi di euro, bloccammo la crescita del Paese e incominciammo a perdere competitività e quote di commercio internazionale perché nessuno più faceva ricerca e innovazione. La conseguenza è che il debito di oggi è superiore a quello della fine del 1991.
Questa volta non ci sarà la manna della caduta internazionale dei tassi che ridusse dal 95 al 99 la spesa per interessi di ben 5 punti di Pil facendoci così rientrare nei parametri di Maastricht, come sa molto bene Padoa-Schioppa.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.