L’incubo aveva un nome. Mario Carvelli, boss di Quarto Oggiaro, signore della droga. Era il suo clan a riempire di cocaina le strade. Al suo servizio erano pusher e corrieri. Un mercato a cielo aperto, fiumi di droga per clienti sempre più affamati, in coda per la dose. E guai a chi alza la voce, e «attento a te» se provi a denunciare il sistema. Ora, l’incubo svanisce. Meglio, se ne va in carcere. Per trent’anni.
Carvelli, boss della ’ndrangheta trapiantato alla periferia di Milano, è stato condannato ieri dai giudici della sesta sezione del tribunale. Assieme a lui, condannati altri sei imputati - tutti arrestati il 26 giugno 2008 in seguito a una vasta operazione a cui parteciparono 300 poliziotti - a pene comprese tra i 7 anni e i 19 anni. Il 3 luglio scorso, invece, in abbreviato erano state emesse quindici condanne fino a 16 anni per alcuni giovani spacciatori che partecipavano al traffico. Un business da 800mila euro al mese.
Ora, decapitata la cupola, restano da tagliare i rami secchi dell’organizzazione. Che ancora vivono a Quarto Oggiaro. Sono quelli che campavano con i soldi dei molti che dal centro di Milano raggiungevano quei palazzi per fare spesa nel supermercato della cocaina.
Droga, Quarto Oggiaro si libera del boss
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