Ormai si era lasciato alle spalle il mondo reale e viaggiava, quasi 24 ore su 24, in quello virtuale di Internet. Il suo corpo era lì. Le gambe ciondolavano dalla sedia. La schiena ricurva. Gli occhi fissi sullo schermo. Le orecchie incastonate tra le cuffie. Le labbra secche e lo stomaco vuoto. I genitori che lo sfamavano e lo abbeveravano quasi a forza.
Quasi come un «avatar» un ragazzino chiavarese di soli sedici anni preferiva navigare online, nel suo mondo di videogiochi, piuttosto che tirare quattro calci al pallone o a farsi un tuffo in mare con gli amici. Papà e mamma hanno fatto di tutto. Ci ha provato pure una psicologa e poi i vigili urbani. Ma lui niente. Rifiutava qualsiasi contatto con l'esterno e preferiva «volare» nel suo mondo incantato.
Così l'altro giorno è dovuto intervenire addirittura il servizio Sert del Comune della Riviera. È stato sottoposto al trattamento sanitario obbligatorio. Come un tossicodipendente.
I poliziotti che si sono presentati sull'uscio della casa a poche decine di metri dalla spiaggia hanno sgranato gli occhi. Pensavano ai soliti problemi legati alla droga. A un ambiente scombussolato. A violenze. E invece no. Il papà disperato. La mamma in lacrime. Lui dipendente di un'azienda del Tigullio. Lei casalinga. Una famiglia come tante. Il piccolo «avatar» ancora davanti al personal computer. Inebetito, non si è nemmeno girato alla vista di divise e pistole.
«Lasciatemi stare - ha appena avuto la forza di dire il ragazzino - sto navigando nel mondo delle meraviglie di Internet. Non faccio niente di male. Non voglio il vostro aiuto».
Agli agenti non è restato altro che seguire le direttive degli esperti del Sert. Hanno staccato la spina delcomputer e lo hanno tirato via a forza per portarlo con un ambulanza al reparto di psichiatria dell'Asl 4. Una misura estrema, richiesta dagli specialisti, che parlano di «gravi anomalie comportamentali» «dipendenza da pc» e soprattutto «rischio di autolesionismo». Un caso ancora più grave di quello registrato a Genova un mese fa quando era bastato l'intervento dei carabinieri, chiamati dalla mamma, per convincere un tredicenne a staccarsi, dopo decine di ore, dalla consolle del computer.
A Chiavari invece ci sono da una parte i genitori che hanno spiegato come il piccolo «avatar» fosse diventato pure aggressivo quando avevano tentato di togliergli il pc. Dall'altra il ragazzino che non ne vuole sapere di terapie e medicinali. E in mezzo gli psichiatri che lo hanno trattenuto al centro per tossicodipendenti e si sono consultati anche tutta la notte per capire come trattare il giovane.
«Tutto ciò che mi fa davvero vivere - ha detto lo studente agli psichiatri - è il mondo di Internet e dei videogiochi. Non desidero altro. Fatemi tornare a casa nella mia stanza. Voglio abbandonare il mondo reale. Sono felice soltanto così».
Come nell'epilogo di «Avatar».