Ds sull’orlo della scissione. Il Correntone saluta Fassino

Il leader del Prc pensa a una «Izquierda unida» più vicina ai movimenti che ai centri di potere

Ds sull’orlo della scissione. Il Correntone saluta Fassino

Roma - Un altro strappo: programmato, netto, ed è così che la seconda scissione - in soli quindici anni - ormai è solo a un passo, una formalità da celebrare appena possibile, una separazione annunciata. Da ieri il 14% dei Ds che si riconosce nel Correntone (e forse anche parte di chi ha votato la mozione di Gavino Angius, un’area che potrebbe aggirarsi intorno al 20% del partito) è sul piede di partenza, pronto a lasciare la Quercia. A sinistra è un nuovo piccolo terremoto. L’obiettivo di Fabio Mussi e dei suoi sostenitori? Ormai palese, da quando Piero Fassino preme sull’acceleratore del partito democratico: lasciare il Botteghino e partecipare alla costruzione di un grande partito di sinistra laburista con Rifondazione, Pdci e altri radical di sinistra.
Quasi un ultimatum. Ha il suo bel dire, Alfiero Grandi, che dalle frequenze del canale dei Ds - Nessuno tv - minimizza: «Non è in atto una scissione, bensì il formarsi di un nuovo partito all'interno del quale noi non entreremo. Tutto qui». In realtà l’annuncio che il leader della sinistra Ds ha dato ieri nella sala del Garante per la privacy, proprio a un passo da Montecitorio (con tutti i suoi dirigenti di corrente schierati ad ascoltarlo) è di una forza e di una durezza tali che hanno stupito anche gli osservatori, e rasenta l’ultimatum alla segreteria: «Se parte la fase costituente del Partito democratico - riassumono le agenzie nei titoli - ce ne andiamo». In realtà i margini sono ancora più stretti: «Il 16 aprile - annuncia il ministro dell’Università - riuniremo i nostri delegati al congresso nazionale ed è probabile che andremo a dire la nostra al congresso di Firenze» (attenzione: probabile). «Il gioco insomma - aggiunge - è fatto. Nel caso non ci sia più niente da fare per frenare la nascita del Partito democratico, la nostra alternativa sarà la costituzione di un movimento politico che si pone su basi moderne per restituire una sinistra all'Italia».
Più che un ultimatum, dunque, sembra quasi un preannuncio. Non ci sono i pianti e i matrimoni infranti della Bolognina, non ci sono le battaglie all’ultimo voto e gli anatemi contro gli infedeli (da una parte e dall’altra) e nemmeno le sezioni separate dal filo spinato. Sembra la rescissione ineluttabile di un contratto. Mussi, infatti, spiega che lui e i suoi non intendono svolgere il ruolo di riserva indiana nel grande contenitore messo in piedi da Prodi: «La sinistra in Italia infatti - prosegue il leader del Correntone - non può limitarsi a diventare un gruppo di correnti e formazioni minori. Deve rimanere però un punto fermo il fatto che non si deve mettere in alcun modo a rischio il governo. Dobbiamo difendere il governo - aggiunge Mussi - ma dobbiamo anche difendere i caratteri di un centrosinistra nel quale deve vivere in autonomia una sinistra politica».
Le reazioni. Uno dei primi commenti, e non poteva essere altrimenti, arriva da Mauro Zani, uomo forte della mozione Angius: «Personalmente non mi rassegno ancora all'idea di una scelta tra un'operazione politica che guarda prevalentemente al centro dello schieramento elettorale e la suggestione di far partire, a sinistra, un altro progetto politico necessariamente competitivo con quello del Partito democratico». Ma questi margini sembra quasi che non ci siano. E infatti già si parla del passaggio operativo più delicato, quello che permetterà ai parlamentari del Correntone di costituire gruppi parlamentari autonomi persino al Senato dove servono dieci eletti (ma la componente li ha).

Cesare Salvi detta questo timing: «Il 16 aprile, quando si riuniranno i delegati della Sinistra Ds al congresso nazionale si deciderà anche sulla costituzione di gruppi parlamentari autonomi». Sarà quello, probabilmente, l’ultimo atto di una scissione a freddo.

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