Dubai nelle Marche per superare la crisi

È probabile che per l’Italia uno dei maggiori traini stranieri per uscire dalla crisi arriverà dal Golfo Persico. Da questo punto di vista è significativo che ieri la Camera di commercio di Dubai sia sbarcata per la prima volta nel nostro Paese, ad Ancona, in quelle Marche che prima di altre regioni hanno deciso di puntare sulla internazionalizzazione e che fin dallo scorso 2005 costruivano rapporti privilegiati con gli Emirati.
Al convegno hanno partecipato il presidente della Regione, Gian Mario Spacca, Hassan Al Hashemi della Camera di commercio di Dubai, Domenico Colletta della Sace, che ha confermato «una copertura assicurativa dei crediti per quegli imprenditori che esportano verso gli Emirati», e numerosi altri rappresentanti di istituzioni, tra cui Giuseppe Gradi di Intesa Sanpaolo, unica banca italiana per ora presente sul posto, che ha fatto un’analisi più che ottimistica dello sviluppo degli Emirati (il cui Pil dall’inizio della crisi è cresciuto del 5 per cento), soprattutto nel settore non-oil. Vale a dire nelle infrastrutture: Dubai ha inaugurato da poco una metropolitana di 52 chilometri; sta per essere ultimata la torre più alta del mondo, la Burj Dubai, dove si sistemeranno anche Armani Hotel e Armani Casa; e Impregilo ha ottenuto, dopo la costruzione della moschea di Abu Dhabi, ancora un’altra grossa commessa per un acquedotto. E diverse sono le novità legislative annunciate dal Paese arabo per attirare investimenti, come la prossima abolizione dell’obbligo di destinare il 51 per cento di una società a un socio emiratino, questo a soli due mesi dalla legge che permette di non versare più il capitale sociale. Operano già negli Emirati aziende come le italiane Salini, per le infrastrutture stradali, la stessa Impregilo, e parecchie medie imprese di mobili o pellami. «Il tocca e fuggi non è più una moda per i nostri imprenditori - dice Richard Nava, di Diacron Group, l’unico studio di commercialisti italiani negli Emirati -. Dietro gli hotel, le spiagge, i centri commerciali, si sta sviluppando qui un tessuto imprenditoriale italiano che fa affari con tutto il Medio Oriente. Dubai è ormai la borsa del commercio per questa area e anche per il Nord Africa, nonché per le attività manifatturiere».
Lo conferma anche Hassan Al Hashemi.

«Dopo l’era della pesca alle perle e del petrolio, abbiamo deciso di investire sulle infrastrutture e sulla stabilità politica e sociale, che ormai è assicurata fin da più di trent’anni. Qui vivono e lavorano persone di 18 nazionalità diverse compresi 3mila italiani e il numero è sempre in aumento».

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