Dubai, seconde case in mano ai «lumbard»

nostro inviato a Treviglio

Il nuovo Eldorado sta a cinque ore d’aereo, dove la fantasia degli uomini sta dando fondo ai suoi slanci più eccentrici, dove stanno ricostruendo le sette meraviglie del mondo sotto casa, dove non fa mai freddo e quasi mai fa troppo caldo, dove al mattino si può nuotare nel mare (vero) e al pomeriggio si può sciare dentro palazzi faraonici su piste di neve fresca (artificiale), dove i capitali stranieri sono benvenuti e pure benedetti. Questo luogo della fantasia e del business ha ormai il suono di una parola magica, qui, nei dintorni di Treviglio, a metà strada tra Milano e Bergamo: basta dire Dubai, e in tanti si sentono come a casa.
Tra nuova moda e corsa all’oro, un flusso crescente di capitali si sta spostando dall’Italia verso il piccolo Emirato arabo. Fabbri e mobilieri, avvocati e impresari: tutti in fila per acquistare casa nei fastosi grattacieli affacciati sul Golfo Persico. È il nuovo status-symbol. Si va dai 230mila euro per il bilocale ai 580mila per l’attico dei sogni. C’è chi acquista per andarci, visto che il posto è ormai come un grande luna-park per adulti, e chi invece si muove nella logica del puro investimento: una società con sede sul posto si incarica di gestire gli affitti, riconoscendo al titolare un rendimento dell’8%. C’è gente che ha comprato un anno fa e che ha già rivenduto, realizzando un più 30%. Si investe sui mattoni, ma sembra di investire direttamente sui lingotti.
Luca Mulino, 40 anni, leccese di origine, un passato di sottufficiale dell’aeronautica a Linate, adesso sorride dal’'alto dei suoi grattacieli e della sua intuizione. Ripensandoci, non sembra vero neppure a lui. Anche perché questa storia, come quasi tutte le buone idee, nasce praticamente per caso. A fine 2005 si trova a Montecarlo, dove con la sua società Ellebiemme sta curando la vendita di un residence, quando fa la conoscenza dell’ex ministro del Commercio iraniano. Costui, per due giorni, lo tempesta di aggettivi su Dubai. Alla fine, per sfinimento, il giovane manager si fa convincere ad acquistare un appartamento in un grattacielo che stanno costruendo laggiù. Uno se lo compra pure il suo socio, Bernardo Sannino. Quindici giorni dopo, i due sono sul posto per vedere il cantiere. «Una folgorazione - confessa candidamente Mulino -: come scoprire un’altra America». Per farla breve: i due immobiliaristi tornano a casa e cominciano a parlarne con i clienti più affezionati. Anch’essi vogliono acquistare. Risultato: nel giro di dodici mesi, tramite la nuova società «First Class» (non servono molte spiegazioni), il pioniere Mulino compra a Dubai e rivende a Treviglio quel che resta del grattacielo. Trecento dei 560 appartamenti finiscono a professionisti, padroncini, imprenditori del Bergamasco e del Milanese. Ma molte richieste restano insoddisfatte. Cosa fare? Non sia mai che qualcuno debba restare fuori dal nuovo Eldorado. Così, eccoci alla novità di questi giorni, presentata direttamente alla Fiera del lusso di Verona, accanto a diademi e fuoriserie: decolla un secondo grattacielo.

Sarà la prima torre tutta italiana di Dubai Marina. Trecento gli appartamenti in vendita: c’è già la coda, i primi 50 sono assegnati. La torre avrà un nome inconfondibilmente made in Italy: si chiamerà «La dolce vita». Caso mai qualcuno s’immaginasse edilizia popolare.

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