Due cadaveri per un bandito: la «strana» morte di Giuliano

Potrà essere risolto (forse) nel 2016 - quando cadrà il segreto di Stato sulle carte conservate negli archivi dei ministeri dell’Interno e della Difesa - il giallo sulla morte del bandito Giuliano, uno dei tanti misteri della storia italiana sui quali recentemente la magistratura è tornata a indagare. Ne è convinto Giuseppe Sciortino Giuliano, nipote di Salvatore, che si è appena auto-pubblicato un libro (Una vita d’inferno. Cause ed affetti) che si chiude con una ricostruzione secondo la quale il cadavere mostrato all’epoca alla stampa non era quello del celebre bandito, bensì di un sosia. E Salvatore Giuliano, fuggito negli Usa, sarebbe in realtà morto soltanto quattro anni fa, ultraottantenne, dopo esser tornato due volte in Sicilia, nella sua Montelepre, per partecipare ai funerali della madre prima e della sorella poi. «Una ricostruzione che è solo frutto dell’immaginario popolare» dice Sciortino. Ma aggiunge: «Voce di popolo, Voce di Dio? Lo sapremo nell’anno 2016 quando scadrà il vincolo del segreto di Stato sulla morte di Salvatore Giuliano. Ci sono due volumi custoditi al Ministero dell’Interno e altri documenti custoditi al ministero della Difesa».
Intanto, la Procura di Palermo continua a indagare sulla morte del «bandito» più famoso della storia italiana. L’ipotesi da verificare, attraverso l’esame delle fotografie disponibili del cadavere ripreso nel cortile di casa De Maria il 5 luglio del 1950 e di quelle che lo ritraggono nell’obitorio del cimitero di Castelvetrano, è se si tratti sempre dello stesso cadavere e se uno dei due sia in effetti di Salvatore Giuliano. Ipotesi da fiction? Non tanto se il Pm Ingroia ha fatto partire un’indagine a tutto campo e disposto l’acquisizione dell’unico video della morte diffuso all’epoca dalla Settimana Incom (il video è visibile su www.ansa.it) e di molte foto dell’epoca. Ora la polizia scientifica farà le sue analisi.
Che il cadavere mostrato ai giornalisti nel luglio del 1950 potesse non essere quello di Giuliano è in Sicilia diceria, leggenda, brusio costante da mezzo secolo. Ma ora c’è una verifica che ha come base l’ipotesi che i due cadaveri, del cortile e dell’obitorio, siano di due persone diverse, ed è stata messa nera su bianco, anni fa, da uno specialista di medicina legale, il professor Alberto Bellocco. A chiedere quella verifica è stato il giornalista della Rai Franco Cuozzo che sta scrivendo un libro sulla vicenda. Cuozzo sulla base dei suoi studi è giunto a una sua “verità”: «Come ha detto anche Andreotti la Dc, lo Stato, usò la mafia per far fuori Giuliano.

C’era una taglia di 50 milioni e tutte le sfasature, le anomalie, le contraddizioni, le incertezze delle prime ore, la rabberciata e incerta ricostruzione fotografica, si spiegano se si parte dall’idea che la mafia “apparecchiò” quel cadavere, il sosia di Giuliano che il bandito voleva utilizzare per un film, come “contromarca” per avere i 50 milioni pattuiti e consegnare subito dopo il cadavere di Giuliano».

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