Due famiglie in guerra per la Volkswagen

È ormai praticamente decisa la fusione fra il colosso di Wolfsburg e Porsche

Patria di Karl Benz e Gottlieb Daimler, gli inventori dell’automobile, la Germania è lo scacchiere dove nei prossimi giorni, o, addirittura, nelle prossime ore, si concluderanno le partite decisive per l’industria automobilistica europea del futuro. Non c’è soltanto il match Fiat-Magna, con il fondo americano Rhj Ripplewood come outsider, per il controllo della Opel, ma anche lo scontro sempre più aspro fra le famiglie Piech e Porsche dal quale uscirà la nuova Volkswagen.
Dato l’elevato numero di centri produttivi coinvolti, distribuiti su tutto il territorio nazionale, non c’è land della repubblica tedesca, insomma, che possa dormire sonni tranquilli in quest’anno di elezioni generali, con i governatori in trincea, primo fra tutti quello della Bassa Sassonia, Christian Wulff, che amministra il 20% della Volkswagen Ag insieme a quella golden share (quasi un diritto di veto sulle questioni più importanti) dichiarata più volte illegittima dalla Corte di giustizia europea e mai cancellata dallo statuto del colosso di Wolfsburg. Nella guerra per il controllo della Volkswagen, Wulff sta dalla parte di Ferdinand Piech, presidente del Consiglio di sorveglianza del gruppo Vw, e del suo clan, e lo ha confermato qualche settimana fa durante una cena insieme al nipote di Ferdinand Porsche all’hotel Romazzino, in Costa smeralda, in occasione dell'anteprima mondiale della nuova Volkswagen Polo. Non avrà certo gradito l’incontro Wolfgang Porsche, l’altro nipote dell’inventore del Maggiolino, che, oltre al nome, dell'azienda di famiglia detiene, insieme ai suoi "fedelissimi", il 53,7% contro il 46,3% controllato dal ramo della famiglia che fa capo a Ferdinand Piech. Troppo alto è stato il prezzo che Porsche ha pagato per acquistare, negli ultimi quattro anni, il 75% del gruppo Volkswagen, una scalata condotta senza troppi scrupoli da Wendelin Wiedeking, chairman della casa di Zuffenhausen, acclamato per anni come il manager più capace e più pagato del mondo dell’automobile, oggi un Davide che ha perso la sua battaglia contro Golia e che per colmare la voragine di debiti prodotta sta tentando la carta dei fondi di investimento arabi, dimenticando una clausola che vieta ai soci di Porsche la vendita di quote al di fuori della cerchia degli oltre sessanta discendenti del grande Ferdinand e che è stata fatta valere, negli anni ’80, proprio nei confronti di un Piech.
A questo punto la fusione fra Porsche e Volkswagen, con l’uscita di scena di Wiedeking, è un epilogo scontato del quale devono soltanto essere definiti i complessi passaggi finanziari mentre è chiaro che la vittoria di Piech porterà a nove i marchi controllati da Wolfsburg, aggiungendo il brand di Zuffenhausen a Audi, Seat, Skoda, Bentley, Lamborghini, Bugatti, Volkswagen e Volkswagen Veicoli industriali, un gruppo simile, per struttura, alla grande Fiat che sta costruendo Sergio Marchionne.

Ufficialmente Ferdinand Piech non si è mai pronunciato sulla vicenda Fiat-Opel, ma è indubbio che la nuova realtà potrebbe creare seri fastidi a livello continentale soprattutto per il marchio Volkswagen che, dal 1° agosto, potrà comunque contare su Luca De Meo, il manager che ha lasciato il gruppo Fiat in gennaio e che andrà a ricoprire la carica di direttore marketing del brand Volkswagen, un ruolo nel quale potrà mettere a frutto l'esperienza fatta con la Fiat 500 quando, nel 2011, Vw schiererà la "small family", tre citycar anticipate dai concept "up!" presentati nel 2008. Anche le "up" porteranno la firma di Walter de’ Silva, capo del design del gruppo Vw, e Flavio Manzoni, responsabile del design creativo, altri due talenti italiani che il gruppo torinese si è lasciato sfuggire.

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