Due fratelli i presunti killer di Lavagna

In carcere i presunti assassini di Adriano Costa, il sessantaquattrenne ucciso lunedì mattina in via Valle dei Berissi, a Lavagna, con due colpi di pistola alla nuca. Movente: «semplicemente una questione economica legata a rapporti di tipo patrimoniale, che nulla a che spartire con la criminalità organizzata». Un assassinio brutale e rapido, in una strada senza sbocco veicolare, circondata da ulivi, ma abitata. Lo segnalano due residenti alle 9.40 di lunedì. Ieri all'1.30 il fermo per due fratelli pregiudicati di Lavagna, «soggetti pericolosi», di 40 e 42 anni, interrogati a lungo al commissariato di Chiavari e chiusi in carcere. Al setaccio il contesto in cui Costa, con precedenti per reati minori, si muoveva negli ultimi tempi, legami con note famiglie malavitose, ma nessuna operazione con loro. Interrogate almeno venti persone collegate a lui, oltre ai soggetti desunti dai tabulati telefonici del cellulare di Costa. Nessun testimone, ma i dati raccolti portano a due nomi. Un lungo pedinamento o poi il fermo, uno effettuato dalla mobile l'altro dai carabinieri in perfetta sincronia. Un'efficientissima operazione lampo, «brillantemente riuscita grazie alla collaborazione esemplare tra Carabinieri e Polizia di Stato» sottolinea il Procuratore capo di Chiavari Luigi Carli, che nella conferenza di ieri ha riferito le dinamiche dell'arresto e i risvolti in atto: «L'importante risultato, dovuto all'uso di strumenti sofisticati in dotazione alla Scientifica e all'approfondita conoscenza del territorio, è di stamattina, con il fermo, che verrà convalidato, dei due indiziati. Costa e i due probabilmente si conoscevano da tempo. Lui è stato avvicinato da loro e ucciso con due colpi di pistola alla nuca sparati in stretta sequenza. La morte è stata pressoché immediata, mentre i due si davano alla fuga».
Una pistola e due indiziati: «Si presume che a sparare sia stato uno solo, da chiarire il ruolo del secondo che comunque ha assistito all'omicidio». Sul movente Carli sgombra il campo da collusioni mafiose o mala organizzata: «Fantasie quelle scritte e dette fino ad oggi: nessuno sgarro, la causa sembra ricondurci ad una questione meramente economica, una storia di debiti-crediti, legata a rapporti di tipo patrimoniale. Il delitto non rientra nella tipologia del regolamento di conti di stampo malavitoso, lo dimostrano le modalità anomale dell'assassinio avvenuto in pieno giorno».
A condurre le indagini la squadra mobile di Genova, sezione omicidi, in stretta collaborazione con il commissariato di Chiavari e i carabinieri di Sestri Levante e Lavagna. Scandagliano il sito e passano ai raggi x la Bravo nera di Costa, acquistata di recente e abbandonata poco più avanti con la portiera del passeggero aperta e lo stereo acceso, nella fuga concitata. Ci sono impronte, forse un indizio importante: «Siamo partiti con l'indagine classica da sopralluogo - spiega Alessandra Bucci, dirigente sezione omicidi -. Già dai primi rilievi abbiamo escluso la pista della criminalità organizzata. C'erano evidenti elementi che riconducevano ad una conoscenza fra Costa e i suoi assassini. Con questa premessa abbiamo ristretto il campo delle investigazioni concentrandoci sul luogo e sui contatti di Costa.

E qui è stato fondamentale l'aiuto del commissariato chiavarese e dei carabinieri che hanno la conoscenza dettagliata del territorio e dei soggetti che gravitano in certi ambienti». Le indagini comunque proseguono: «Devono ancora essere chiarite tutte le dinamiche e le responsabilità» conclude Carli. Una soluzione rapida, ma un sottobosco ancora da scandagliare.

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