Due italiani trovati morti a Kabul: mistero sulle cause dei decessi

Stefano Siringo e Iendi Iannelli, romani, erano cooperanti dell’Idlo, che forma specialisti in campo legale. Si sospetta l’avvelenamento

Due italiani trovati morti a Kabul: mistero sulle cause dei decessi

Fausto Biloslavo

Giallo a Kabul: due cooperanti italiani sono stati trovati cadaveri nel loro letto, ma le circostanze della morte sembrano avvolte nel mistero. Stefano Siringo e Iendi Iannelli sono i nomi delle vittime, che lavoravano alla ricostruzione del settore giustizia dell’Afghanistan. Un impegno in cui il nostro Paese è leader a nome della comunità internazionale che sta aiutando il governo di Kabul.
Siringo è nato a Roma, dove risiedeva, mentre Iannelli abitava a Guidonia, alle porte della capitale. Il fratello di quest’ultimo lo aveva preceduto come cooperante a Kabul. I due italiani sono stati trovati ieri mattina, ancora a letto, apparentemente morti nel sonno. Le vittime vivevano assieme nella capitale afghana in un’abitazione dell’International development law organization (Idlo), l’organizzazione specializzata in campo legale nei Paesi in via di sviluppo, con sede a Roma, e riconosciuta dall’Onu.
La zona è sicura e garantita da un corpo di sorveglianza privato assoldato dalle Nazioni Unite. Oltre agli afghani, i primi a intervenire sono stati i carabinieri dell’ambasciata italiana a Kabul e un paio di medici del nostro contingente. In questo momento l’Italia, con il generale Mauro Del Vecchio, ha il comando delle forze Nato presenti in Afghanistan. La versione trapelata all’inizio indicava che si trattasse di un tragico incidente dovuto alle esalazioni di monossido di carbonio di un’ipotetica stufa a gas. Il giallo si è aperto quando l’ambasciatore Jolanda Brunetti, responsabile a Kabul dell’intervento italiano nel settore giustizia, ha smentito seccamente questa versione dei fatti. «Non può essere stata la stufa a uccidere Stefano Siringo e Iendi Iannelli, perché quella nella loro stanza era elettrica» ha dichiarato la nostra rappresentante ai microfoni di Radio24. «Sicuramente non c’erano segni di violenza», ha aggiunto il diplomatico.
La Brunetti ha fornito un ulteriore particolare, che fa capire come non ci fosse nessun allarme preventivo: «Iannelli era venuto da me ieri sera, in quanto esperto di computer, per controllare il mio pc. Quindi era andato via con Siringo, che lavorava qui con noi, visto che i due, poco più che trentenni, erano buoni amici».
Il caso, sul quale è calata una cortina di silenzio impenetrabile, è stato preso in mano dai carabinieri dell’ambasciata, che hanno anche mansioni di polizia giudiziaria. «L’ipotesi più probabile è che si tratti di avvelenamento, perché i corpi dei due italiani ne presentavano i classici sintomi fisici» ha scritto Peacereporter, l’agenzia on line collegata ad Emergency, che a Kabul ha un ospedale. «I loro corpi non avevano alcun segno di violenza» ha scritto ancora l’agenzia. Escluso il monossido di carbonio per mancanza di una stufa a gas, non resta che avvelenamento attraverso il cibo o bevande consumati dai cooperanti, medicine avariate o sostanze assunte o fatte assumere agli italiani.
Il giallo diventa ancora più intricato tenendo conto che gli occidentali sono particolarmente nel mirino a causa delle proteste contro la satira su Maometto, che in Afghanistan hanno provocato violenze e una decina di morti. Due giorni fa era stato diramato un allarme specifico su «un gruppo di criminali che sta tentando di rapire uno o più stranieri a Kabul per poi cederli ad una formazione terroristica che li ha ingaggiati». Nei giorni scorsi c’erano stati alcuni falliti tentativi di rapimento.
L’Idlo ha aperto il suo ufficio a Kabul nel 2003 e ha lo status di osservatore permanente all’assemblea generale dell’Onu. L’attività in Afghanistan, finanziata dal nostro ministero degli Esteri, consiste nel fornire assistenza giuridico-legale alle nascenti istituzioni.

Inoltre l’Idlo ha organizzato corsi per 450 giudici, fra cui 42 donne. Quindi i suoi cooperanti sono un obiettivo a rischio per quanto riguarda talebani e Al Qaida, che però non hanno mai usato l’arma dell’avvelenamento.

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