nostro inviato a Bologna
La campagna elettorale di Virginio Merola è stata un testa a testa con Manes Bernardini (centrodestra) e con il tentativo di battere il record mondiale delle gaffe. Lo scrutinio dei voti è diventato invece una corsa contro se stesso. Il distacco dal giovane avvocato leghista è netto, e probabilmente consentirà all’ex assessore all’Urbanistica di sedersi subito sulla poltrona di sindaco. Ma il risultato sarà in bilico fino all’ultimo seggio. Dal momento in cui sono state diffuse le prime proiezioni è partito un gioco dell’oca carico di tensioni. Avanti un po’, fermo un turno, un altro balzo, e così per ore. Una lunga altalena di risultati dove il vero si allontanava dal virtuale senza mai coincidere.
Merola, uomo di partito, ha sfoderato nervi saldi e sangue freddo in attesa di risultati che sono arrivati soltanto in nottata. La maratona era partita male: le proiezioni del voto concordavano nel pronosticare il ballottaggio. Bernardini al 31,5 per cento e lui al 48,5. Tra «forbici» e «forchette», i sondaggisti si sgolavano a predicare prudenza. Le proiezioni sono fragili come cristalli, vanno maneggiati con attenzione. Infatti, quando sono arrivati i primi scrutini «veri», la situazione si è capovolta: si assottigliavano le ipotesi di ballottaggio mentre prendeva corpo la prospettiva di una vittoria del candidato democratico al primo turno, cosa che due anni fa non era riuscita al prodiano Flavio Delbono, contrastato da Giorgio Guazzaloca.
Con 376 sezioni scrutinate su 449, Merola ha il 50,6 per cento.
Bernardini ha coltivato per ore la speranza del ballottaggio e al momento in cui scriviamo non l’ha ancora persa del tutto. È arrivato alla sede del suo comitato elettorale, la «Casa del sindaco» di via Nazario Sauro, dopo le 18, quando tutto era ancora possibile, ma non ha commentato. Le proiezioni gli attribuiscono un risultato di poco superiore al 30 per cento. Ottimo risultato per un leghista a Bologna, anche se il Carroccio non ha raccolto tutto quello che si aspettava. Il partito di Umberto Bossi ha superato il 10 per cento sfiorando l’11, in linea con le Regionali, ma non si è nemmeno avvicinato al sorpasso sul Pdl, sogno segreto e rimasto proibito.
I berlusconiani hanno fatto di tutto per farsi superare, il Popolo delle libertà a Bologna è sceso attorno al 16,5 per cento, quota modesta ma sufficiente per mantenere gli alleati a distanza di sicurezza. Piccola consolazione di un magro risultato. Cui si aggiunge il ballottaggio di Rimini strappato dal candidato pidiellino Gioenzo Renzi.
Bernardini ha comunque messo a segno un buon risultato personale, superiore di circa il 3 per cento alla somma dei voti della coalizione Pdl-Lega. È andata all’opposto per Merola, il principe dei gaffeur, che invece ha preso meno voti dei partiti che lo sostenevano (54 per cento). Il Pd bolognese è sotto il 40 (le proiezioni gli attribuiscono il 38) mentre esultano i vendoliani al 10,2 per cento, supportati anche dalla moglie di Romano Prodi.
Il vero exploit bolognese però è dei grillini. Quasi il dieci per cento per un candidato giovane e semisconosciuto, Massimo Bugani, che dice di aver investito 4.000 (sì, appena quattromila) in campagna elettorale mietendo consensi a destra e sinistra.
Le Cinque stelle di Beppe Grillo hanno sfondato in Emilia Romagna: hanno toccato percentuali analoghe anche per i sindaci di Ravenna e Rimini. Ecologia, lotta alla cementificazione, energia pulita, facce nuove, linguaggio terra terra: questi i segreti del loro successo. In pochi mesi hanno ottenuto da queste parti quello che la Lega ha raccolto dopo anni di semina faticosa. Nell’eventuale ballottaggio saranno loro a determinare il nuovo sindaco. Bugani, che a differenza di Merola e Bernardini non ha avuto problemi a chiacchierare con i giornalisti, ha già detto che non darà nessuna indicazione di voto. «Faremo le nostre domande ai due candidati, pubblicheremo su internet le loro risposte e lasceremo i nostri elettori liberi di valutare».
Sono i grillini il vero terzo polo dell’Emilia Romagna. Quello dell’accoppiata Fini-Casini, illustri figli di Bologna, è infatti sprofondato nell’anonimato. Stefano Aldrovandi, il loro candidato, non ha raggiunto il 5 per cento. Udc e Fli se lo aspettavano, non hanno presentato liste di partito probabilmente per non doversi fare i conti in tasca. Per i centristi, il dopo-Guazzaloca è un disastro. Nel quale è caduta anche Cinzia Cracchi, l’ex segretaria-fidanzata di Delbono. Le sue rivelazioni sulle loro vacanze mascherate da missioni istituzionali (al tempo in cui Delbono era vicepresidente della regione) avevano innescato la crisi amministrativa. La signora si è candidata come capolista di una civica che non ha raggiunto l’1 per cento. Così Bologna resta rossa.
Un anno e mezzo di commissariamento
non hanno intaccato il peso del centrosinistra. E le dimissioni di Delbono (che per i suoi comportamenti ha patteggiato una pena di 19 mesi) con tutta probabilità diventeranno l’ennesima occasione perduta dal centrodestra.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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