da Roma
Saluti inaugurali, adesioni con il cuore, condivisione di idee. Così alcuni ministri del governo Prodi saranno presenti, fisicamente (Pecoraro Scanio e Ferrero) o soltanto con il pensiero, oggi al Gay Pride di Roma: 200mila persone attese alle 16 a piazza Ostiense, 200 pullman e 40 carri allegorici, con coreografie di piume e colori sul modello dei carnevale brasiliano, 3mila preservativi in distribuzione e una macchina fabbrica bolle-di sapone contro le promesse dei politici.
Apre il corteo uno slogan con echi francesi, «parità-dignità-laicità» e lo sostiene una piattaforma che chiede «una legge contro la discriminazione», ma anche «parità di diritti alle coppie dello stesso sesso» rispetto alle famiglie tradizionali. La proposta: «l’estensione del matrimonio civile o un istituto equivalente» alle coppie omosessuali.
Gli organizzatori pretendono parità di diritti anche sulla piazza. Il corteo si concluderà nel palcoscenico di San Giovanni, quasi una risposta al Family Day del 12 maggio.
Un mese dopo le famiglie, per le vie di Roma sfilano oggi gay e lesbiche, in una manifestazione che sembra creare divisioni all’interno della maggioranza come e più della discussione sui Dico. Ma anche divisioni nella città: Roma è tappezzata di manifesti, ma sono comparse anche ieri scritte ingiuriose contro gli omosessuali.
Il ministro delle Pari Opportunità Barbara Pollastrini ha dovuto fare un passo indietro sul patrocinio al corteo: riguarda solo le manifestazioni collegate, ha chiarito, perchè i contenuti della piattaforma «non rientrano nel programma della coalizione di governo». I teodem della Margherita sono arrivati addirittura a minacciare, su questo punto, un addio al Partito Democratico. «Senza cattolici - ha azzardato il senatore Dl Luigi Bobba - bye bye Pd».
E la Chiesa ha preso una posizione chiara ieri con il cardinale Paul Poupard, presidente del pontificio consiglio per la cultura: «I gay - ha detto - sono un piccolo gruppo di persone che vuole influenzare i mezzi di comunicazione di massa per imporre una nuova visione della società».
La precisazione della Pollastrini sul patrocinio ha riportato un po’ di serenità nell’area cattolica («ce ne rallegriamo, la presidenza del Consiglio ci ha ascoltati», hanno commentato i teodem). Ma il deputato dei ds a presidente onorario dell’Arcigay Franco Grillini non ha lasciato correre le polemiche, arrivando a chiedersi se «detta minaccia non sarebbe ora di metterla in pratica».
La questione della partecipazione governativa da parte di alcuni ministri non è stata affrontata ieri alla riunione di palazzo Chigi, ma non è escluso che siano stati richiami informali da parte di Prodi per evitare una presenza troppo vistosa di ministri «di piazza» al corteo.
Ufficialmente per «un impegno nella mia città» non ci sarà il ministro Pollastrini, che però ha garantito in una lettera agli organizzatori la sua «scontata adesione ideale e politica» e la sua vicinanza «alle manifestazioni e agli eventi del Roma Pride».
Saranno presenti al Gay Pride il ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio e il ministro della Solidarietà Sociale Paolo Ferrero (Prc). Si fermerà poco per un impegno inderogabile: «Devo andare in Calabria, a Riace nella Locride, per un’iniziativa sul tema dell’accoglienza».
In piazza sfilerà in ogni caso mezzo centrosinistra. I ds saranno presenti con una delegazione. Più visibile il gruppo di Rifondazione: «La partecipazione al Gay Pride - ha precisato il capogruppo alla Camera, Gennaro Migliore - sarà un segnale chiaro contro l’ondata di omofobia». In piazza «si va con la forza delle idee», ha chiarito il deputato transgender del Prc Vladimir Luxuria: «Siamo tutti non clandestini per esprimere il nostro amore». In corteo anche Pdci e Verdi.
I radicali sfileranno con una delegazione numerosa, ma senza il ministro delle Politiche Comunitarie Emma Bonino, che aderisce, da lontano: «Non sarò lì con voi - ha annunciato agli organizzatori - ma contate sul nostro impegno per la parità, la dignità e la laicità».
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