Un duetto deccezione. Omar Sosa e Paolo Fresu si incontrano sullo stesso palco per un breve tour che in questi giorni tocca il Lazio (domani ad Atina Jazz e lunedì sera a Roma nell'ambito della rassegna «I concerti nel parco» di villa Pamphilj). Dopo essersi sfiorati a più riprese, si incontrano per la prima volta a Berchidda, nellestate del 2004, quando Fresu invita il pianista cubano a esibirsi al festival di cui cura la direzione artistica. Il pianoforte di Sosa giace allombra di un grande ulivo, Fresu e la sua tromba, arrampicati su un ramo di quellalbero, sembrano abbracciarli entrambi. Quel momento sancisce una lunga amicizia, lavvio di uno scambio artistico che non si è mai più fermato. Cè già una testimonianza discografica dellincontro, risalente al 2007: Promise è lalbum che vede Fresu ospite dellAfreecanos quartet di Sosa e proprio quel repertorio i due proporranno in concerto. Sosa e Fresu lasceranno naturalmente spazio alla sperimentazione, esplorando le radici della musica tradizionale in una miscela di armonie jazz ed elettronica. LAfrica e la Santeria, la Sardegna e i suoi Menhir, sullo sfondo o in primo piano, ospitano lincontro di questi due musicisti, che si innalzano fino ai vertici di Miles Davis: quello liricamente straziato e quello acido e aperto allelettronica dellultimo periodo. Sul palco, Omar Sosa siederà al pianoforte non disdegnando qualche escursione elettrica al Fender Rhodes, mentre Paolo Fresu si dedicherà naturalmente a tromba e flicorno. Sosa è un grande ambasciatore del piano contemporaneo ed è figura tra le più innovative e stimolanti del jazz di oggi.
Partendo da una preparazione classica ha allargato i suoi orizzonti, prendendo spunto, oltre che dalla cultura della sua Cuba, dalle musiche etniche africane e dalle molte sintesi nate nel Centro e Sud America. Non era difficile prevedere che una sensibilità «etnica» come quella di Fresu trovasse un terreno dincontro con Sosa, senza il minimo sacrificio didentità da parte di alcuno.Duetti Paolo Fresu ritrova la Cuba di Sosa
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