Duncker, il lato perverso del gotico contemporaneo

«Sette storie di sesso e morte»: racconti crudi e provocatori

C’è qualcosa di spiazzante nei racconti di Patricia Duncker, scrittrice di lingua inglese, autrice fra l’altro dei romanzi Demoni e muse e Lo spazio mortale che ci divide, da Neri Pozza. Stessa sigla editoriale per queste Sette storie di sesso e morte (pagg. 221, euro 15, traduzione di Isabella Zani), un affare gotico che tuttavia non deve trarre in inganno il lettore: non ci sono intrecci o situazioni facili, e tantomeno banali. Non ci sono trucchetti o compiacimenti noir. E quando sembra ce ne siano, sono subordinati a un disegno superiore, una sorta di collegamento generale.
Si rischierebbe di non capirci molto se non venisse a soccorso, nelle ultime pagine, una nota dell’autrice, che consigliamo di leggere subito. «Ho concepito Sette storie come risposta letteraria ai filmacci di serie B che adoro guardare, a tarda sera, alla televisione francese», spiega lei. E a proposito della scelta di narrare ogni racconto in prima persona, afferma di aver voluto spingere in campo «voci differenti, che mettessero in discussione proprio gli stereotipi che mi trovavo davanti e che sono, in larga per quanto non esclusiva misura, generati dalla cultura cinematografica americana. In Francia i cliché narrativi della televisione notturna sono: stupro, terrorismo, abusi sessuali, desideri perversi, mistero e soprannaturale, poltergeist, vampiri e alieni, serial killer, molestatori (di norma serial killer pure loro), violenza tra le mura domestiche, pornografia e stragi. In tutte queste rappresentazioni le vittime, solitamente, sono donne».
E così si parte dalla vicenda della moglie di un archeologo famoso e vanitoso che si sente spiata da uno reo di aver fatto scempio di altre donne belle e altolocate. Si passa attraverso le avventure di una prostituta d’alto bordo in un mondo futuristico di agenzie del tutto compreso (incluso l’omicidio). Si attraversano temi apocalittici come quello del trasloco di una famiglia di bigotti, con tanto di bare dei cari estinti e un grottesco incidente stradale, o uno sciopero che paralizza l’intera Francia, se non l’Europa, lasciando la protagonista a sopravvivere in uno scenario surreale. Si approda a una combinazione di liti tra vicini dove il senso della realtà va smarrito in una confusione mentale e linguistica dei personaggi principali.
Se l’obiettivo di Patricia Duncker era «disturbare e provocare», è stato raggiunto. Allo stesso tempo si passano in rassegna gli stereotipi sulla sessualità e sulla violenza, obbligando chi legge a ripensarli. Ma non è una lettura facile.

La tentazione dell’esercizio di stile è sempre in agguato. E a una forma raffinata, una scrittura sorvegliata, talvolta non corrisponde la limpidezza del messaggio. Di qui lo spiazzamento e anche il disorientamento, in una foresta di simboli delle paure contemporanee.

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