Il Duomo di Monza

Dimenticatevi scalpelli e pennelli. Tra volte dorate e volti scolpiti nella storia, i restauratori moderni ricostruiscono i dipinti con il pc. È un vero e proprio laboratorio di ricerca quello messo in campo a Monza da Anna Lucchini, responsabile del team che sta restaurando la cappella di Teodolinda all’interno del Duomo brianteo. Cinquecento metri quadrati di affreschi realizzati tra il 1441 e il 1446 dalla famiglia degli Zavattari, artisti lombardi che hanno lasciato la loro opera anche all’interno del Duomo di Milano. A due anni di distanza dall’annuncio dell’avvio dei lavori, sono stati presentati così i primi risultati di un’opera che non terminerà prima di altri 24 mesi. Le tecniche innanzitutto: innovative e soprattutto avanzatissime. Le 45 scene dei due matrimoni della regina Teodolinda (rimasta vedova del re Autari a andata poi in sposa ad Agilulfo) sono state letteralmente sezionate e studiate nei minimi dettagli, attraverso una diagnostica fotografica non invasiva. «Nessun prelievo di materiale dall’opera originale - ha spiegato Anna Lucchini -, nessuna interferenza con l’opera d’arte, ma solo tecnologia applicata». Attraverso una sorta di Tac, dunque, gli affreschi della cappella sono stati messi completamente a nudo. Il risultato sono qualcosa come 300 grafici catalogati nel database e consultabili sia dagli operatori sia dai non addetti ai lavori, quando il restauro sarà completato. Nei documenti informatici sono state messe in evidenza non solo muffe, incisioni, corrosioni del tempo, ma anche le diverse mani pittoriche che si sono succedute e sovrapposte, oltre alle giornate impiegate per completare singole parti di affresco. Il tutto è stato reso possibile dalle immagini a raggi infrarossi, raggi ultravioletti e infrarossi in falso colore. I dipinti sono stati completamente puliti con acqua deionizzata, e purtroppo la conclusione è che risultano «molto danneggiati». Non solo dal tempo, ma soprattutto dai vari restauri che nel corso degli anni si sono succeduti. Il progetto di restauro era atteso da 16 anni ed è stato reso possibile grazie al coordinamento della Regione che ha saputo mettere d’accordo i soggetti cofinanziatori dei lavori, a partire dalla Fondazione Gaiani, ma anche Cariplo e la stessa Lombardia. «Questo restauro è un’avventura scientifica e culturale storica - ha dichiarato l’assessore alle Culture Massimo Zanello -. La cappella di Teodolinda rappresenta un grande capolavoro artistico ed è anche un importantissimo simbolo religioso per la cristianità». Il costo complessivo per riportare agli antichi splendori l’opera è di 2,6 milioni di euro, dei quali un milione è finanziato dalla Regione.

Ora, a lavori cominciati, il restauro offre l’occasione per studiare uno degli esempi più rappresentativi delle botteghe meneghine che operavano nel XV secolo e, nello stesso tempo, fare luce sulle numerose tecniche artistiche utilizzate in Lombardia alle soglie del Rinascimento.

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