Mario Sechi
da Roma
Chi ha vinto e chi ha perso? Perché se in Francia Chirac barcolla, anche in Italia dopo il voto transalpino cè chi non sta tanto bene e chi se la ride. La bocciatura della Costituzione europea è stata anche il teatro di qualche piccolo imprevisto eppur dolente dramma personale e di altrettante rivincite a lungo covate, aspettate, accarezzate, sognate e poi diventate realtà in una notte che non ti aspetti. «Viva la Francia! Viva Carlo Magno!» diceva un esultante Francesco Cossiga in versione carolingia. E come non capirlo, lex presidente della Repubblica, lalfiere della battaglia contro leuroburocrazia. E come non capire il disappunto e «lamarezza» del presidente in carica, Carlo Azeglio Ciampi, di fronte a un No che manda in frantumi il sogno di unEuropa unita. Ciampi ha puntato tutto il suo magistero sullimportanza della moneta e dellUnione (Europea), il rifiuto di Parigi certamente non lha colto di sorpresa, ma un po sperava che dalla città dei lumi giungesse una luce meno fosca. A pochi giorni dal No-day una lettera-appello di Ciampi era stata pubblicata sul Figaro insieme a quelle di altri capi di Stato che avevano a cuore le sorti del Sì. Alla dottrina Ciampi si erano rifatti i «ciampisti», ignari del fatto che sarebbero inciampati. Sembra già remoto lintervento di Luca Cordero di Montezemolo allassemblea di Confindustria. Un discorso dove il patto di stabilità non aveva nessuna responsabilità sulla crisi economica e dove il richiamo ciampiano splendeva più che mai. Ieri Montezemolo ha innestato la retromarcia e chiesto di «approfittarne per cambiare». Qual è la versione giusta? La prima o quella del Montezemolo reloaded dopo il No? Dilemmi sui quali si lambicca anche Romano Prodi, primo ministro di un governo dove Ciampi era a guardia del Tesoro, per cinque lunghi anni presidente della Commissione Ue. Una carriera prima illuminata dalle stelle dellUnione (Europea) e poi finita nella babele dellUnione. Il No della Francia è anche un No a Prodi, che glissa ma sente il rumore sordo del macigno e precisa, puntualizza e che «cè qualche equivoco da capire». Equivoco? Sorvola anche Mario Monti, a suo tempo modestamente ribattezzato Super Mario, che ricoprì in Europa una carica non trascurabile: presidente dellAntitrust europeo. Delle sue formidabili cause contro le multinazionali si ricorda linizio, ma la fine ai più è ignota.
Il tempo aiuta a dimenticare. Ci pensa Giulio Tremonti a ricordare al volgo da dove viene la compagnia di giro prodiana. Il vicepremier è più allegro che mai, in forma come ai tempi del duello con lUlivo. Allora coniò la battuta su «Visco allEconomia? È come mettere Dracula allAvis». Galvanizzato dal No, ieri ha rispolverato il registro noir: «Affidare lEuropa o il Paese a questa gente, che ha fatto così tanti errori, è come mandare Hitler allOnu». Applausi alla legion donore. Per un gioco del destino Tremonti condivide il momento di soddisfazione con un suo avversario, il governatore Antonio Fazio. LEuropa che lha bacchettato sul risiko bancario ora traballa. Chissà se oggi nelle sue considerazioni troverà spazio un colpo di stiletto allEuropa. Poco più avanti della sede di Bankitalia, in via Nazionale, cè il Botteghino di Piero Fassino. Musi lunghi. E voglia di parlar daltro. Bertinotti ricorda a Fassino «il fallimento» sulla politica europea, ma il segretario della Quercia entra nella parte dellosservatore esterno. Parigi è lontana. Anche qui la memoria è mirabilmente corta. Nonostante siano trascorsi pochi giorni, Fassino dimentica liniziativa dei Ds di Roma che invitavano il popolo italiano a inviare in massa un sms a un amico francese per convincerlo a votare Sì al referendum.
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