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E adesso James Bond diventa "gay friendly"

L’MI5 votato fra le aziende più sensibili. Prima gli omosessuali erano
"banditi"

E adesso James Bond diventa "gay friendly"

Qualcuno dice che, in fondo, sia solo un cambiamento formale. Ma la forma conta, eccome, soprattutto se si parla di servizi segreti, specialmente i più affascinanti, quelli di Sua Maestà.

L’MI5, il controspionaggio britannico è nella classifica dei datori di lavoro più gay friendly. Insomma accoglie i dipendenti omosessuali nel migliore dei modi, non li discrimina, è decisamente progressista. Tanto che l’agenzia è stata premiata dal riconoscimento del gruppo Stonewall, che ogni anno redige l’Index delle cento aziende più sensibili al tema: l’MI5 è alla posizione numero sessantadue, lontano dalla vetta (dove si trovano Ernst & Young, l’Home Office britannico e Barclays), ma comunque davanti all’Arts Council e al quartiere londinese di Hackney.

Soprattutto, sarà una questione di forma, ma fino a pochi anni fa l’intelligence dell’isola applicava un veto non ufficiale al reclutamento di spie gay o lesbiche. E il motivo, per decenni, era la convinzione che fossero troppo ricattabili e, quindi, una minaccia potenziale alla sicurezza nazionale. Un’azienda decisamente gay unfriendly, insomma.

E poi bisogna considerare l’immagine da supermaschi, i servizi di Sua Maestà sono quelli di Graham Greene e Le Carré, per non parlare dei colleghi dello spionaggio, cioè il mitico 007, l’uomo che ha inventato le Bond Girl e altro che chiedere, lui neanche doveva mai dire mai. Anche se, dall’altro lato, l’agente-dandy forse non è mai stato poi molto lontano dal lifestyle omosessuale, per anni e anni l’intelligence è stata sinonimo di uomini «duri».

La metamorfosi è stata raccontata dal Times, che ricorda come il bando (ufficioso) fosse in vigore almeno fino al 1989, quando gli omosessuali erano ancora considerati «troppo vulnerabili alla corruzione», quindi non adatti. E membri del controspionaggio hanno ammesso come fino a poco tempo fa l’MI5 fosse un luogo di lavoro complicato, per i gay.
In realtà l’ambiente, già nel secondo dopoguerra, era molto «aperto». Guy Burgess e Anthony Blunt, due spie famosissime, erano omosessuali. Però è proprio la loro storia che ha contribuito ad alimentare il pregiudizio: i due erano gli esponenti di spicco dei Cambridge Five, gruppo passato alle cronache per lo scandalo peggiore dello spionaggio britannico.

Burgess e Blunt passavano documenti segreti del Foreign Office e dell’intelligence a Mosca, in piena Guerra fredda. Erano seguaci del nemico. L’omosessualità ovviamente non c’entrava, il loro tradimento era ideologico, ma l’impatto fu così forte sull’opinione pubblica, che l’MI5 ha impiegato anni a ricostruire la sua reputazione. Così, per decenni, i gay sono rimasti nascosti, «ben nascosti» come ha raccontato una spia al Times. Perché il ricordo di Burgess e Blunt era sempre lì, come un’ombra lunga e difficile da scansare.

Oggi i dipendenti omosessuali dichiarati sono cento, e un gruppo segue anche un programma speciale per lavorare in ruoli di comando. L’MI5 ha cambiato politica: annunci di lavoro, campagne per presentarsi come un’agenzia dalle pari opportunità. Ha iniziato dopo le bombe del luglio 2005: Londra sotto attacco, la diversità non poteva più essere ignorata, nascosta, bandita. Servivano agenti nuovi, con capacità differenti, non solo con una laurea d’élite. Bisognava che la società reale entrasse nell’MI5, per poterla proteggere meglio.

Senza ipocrisie, senza più lo specchietto del dandy, senza più ombre di epoche già macinate dalla storia.

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