E adesso Müller prende le distanze dal film sul ’68

C'è maretta attorno a Venezia '68, il documentario di Antonello Sarno e Steve Della Casa sui due giorni di contestazione che non cambiarono la Mostra del cinema ma in compenso l'affossarono per undici anni. L'anticipazione del Giornale ha fatto scalpore. Il regista Francesco Maselli, su La Stampa, reagisce sdegnato, definendo «scettico, amaro, stupidamente desolato», pure «fazioso e revisionista», il film di montaggio prodotto da Medusa in collaborazione con Biennale, Asac e Archivio storico del movimento operaio. E dire che l'idea partì proprio dall'ex-sessantottino Marco Müller, il quale, appena riconfermato direttore, pensò di dedicare alla ricorrenza del quarantennale un omaggio-evento che facesse parlare i protagonisti di allora, con spirito lieve, attraverso l'uso di immagini rare. Passerà il 30 agosto alle 12.30 in Sala Grande, sezione Orizzonti. Nel frattempo, però, Müller ha preso le distanze da Venezia '68. Ragioni artistiche e di gusto, ma non solo. Il neopresidente della Biennale, Paolo Baratta, succeduto a Davide Croff, poco avrebbe gradito modi e tempi dell'operazione. E c'è chi ricorda che alla conferenza stampa del 29 luglio mancò il tradizionale «assaggio», con proiezione di qualche scena.
Non sorprende, invece, che Maselli trovi «mistificante» la ricostruzione. «Ci vogliono rubare quel '68 al Lido», protesta, spiegando che «con toni amaramente accorati si ridicolizza una cosa seria». Appunto la mobilitazione che lo vide in prima fila, pure lui portato via a braccia dai poliziotti. Per il regista del Sospetto «la ben nota autoironia» di Ugo Gregoretti sarebbe stata «usata in senso caricaturale». Ce n'è anche per «l'ostile Cavani», che offre la sua testimonianza insieme ad altri nove contestatori, alcuni dei quali oggi un po' «pentiti».
Il bello è che Maselli, contattato due volte, preferì non farsi intervistare, al pari di Scola e dei Taviani. Legittimo, ci mancherebbe. Ora, però, insorge, addirittura addolorato, ribadendo quanto fossero lungimiranti le richieste del movimento, sacrosanta l'abolizione dei premi (poi ripristinati da Lizzani, un altro dei ribelli, quando diventò direttore della Mostra). Gli autori di Venezia '68 osservano perplessi la querelle.

«Io il film lo rivendico per intero», taglia corto Della Casa. «Non c'è alcuna tesi revisionista, parlano solo i protagonisti, Maselli se la prenda con loro», commenta Sarno. Vedrete che non finisce qui. Il '68 scalda ancora gli animi a sinistra.

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