Questa volta tutto si spiega con la carestia. È tempo di vacche magre a sinistra e non è un caso se qualche capobranco appare ancora più nervoso del solito. Antonio Di Pietro sono giorni che predica e strepita contro i vicini di casa del Pd. Non può farne a meno. I sondaggi dicono che laggressione del Duomo, il volto insanguinato e tumefatto di Berlusconi, non sta facendo bene al partito giustizialista. Lo sa Tonino e lo sanno anche gli ex inquilini di Botteghe Oscure. I voti insomma sono pochi e la prateria è affollata di tribù, grandi e piccole, che hanno bisogno di mangiare. Il risultato è che i confini di caccia stanno saltando e a Di Pietro non resta che sconfinare a sinistra del suo territorio.
Siamo ai toni forti. Lex Pm lancia dalla Sicilia una sorta di supplica a Bersani, che sa molto di ultimatum. Il messaggio è: svegliatevi o andiamo da soli in tutte le regioni. LIdv non si accontenta più di resistere come roccaforte ideologica dellantiberlusconismo. Serve spazio. Di Pietro non vuole più interpretare il ruolo di alleato minore, vuole contare e presidiare il Pd o qualcosa che gli assomigli, magari quel partito del Cln, il Comitato di liberazione nazionale dove far convergere tutti i nemici del Cavaliere. È chiaro che i dalemiani non hanno alcuna intenzione di imbarcare Tonino. Risposta: prendono tempo. Di Pietro, da fuori, alza la voce e cerca di stanarli: «Ho parlato con Bersani ma mica ho capito che pensa. È come la fidanzata che dice ci dobbiamo sposare ma non si arriva mai al giorno».
Una cosa Tonino lha capita. Qui si fanno alleanze dove il suo partito è dato per scontato, mentre gli altri razzolano a destra e a sinistra. Troppi valzer e Casini che salta da un letto allaltro rende nervosi un po tutti (tranne DAlema, che già sapeva e approva). Di Pietro sinterroga: «Ma se sono disposti a stare in maggioranza in regione e in opposizione in provincia, che fai? Ti sposi e non sai se hai sposato un uomo o una donna. Nessuno può pensare di portare lIdv a letto per il voto e poi dimenticarsene il giorno dopo». Il clima è da sveltina. Tutta colpa di una crisi politica e didentità che sta facendo terra bruciata intorno allopposizione. I leader latitano. Non cè una classe dirigente. Il programma è vago. Mancano i quadri intermedi e si fa una fatica boia a trovare candidati sul territorio. Il partito che Bersani ha ereditato da Veltroni e Franceschini sembra una terra desolata.
Di Pietro vuole piantare radici in questo deserto, sperando di raccattare i pochi ciuffi derba. Il guaio più grosso è il Lazio, dove Zingaretti continua a esplorare e lunica cosa che vede allorizzonte è il profilo di Emma: miss Bonino, I suppose. Quasi come Stanley quando incrociò Livingstone sulle sponde del lago Tanganica. Questa storia a Tonino dà alla testa: «Lesploratore dice che gli va bene un leader nazionale o la Bonino, la bruna o la bionda, secondo una ricerca da mercato rionale del prodotto a basso prezzo senza stare a guardare troppo la qualità».
Tutto questo discorso ha un solo scopo: far capire al mondo che il Pd è un battello ubriaco e lunico leader dellopposizione che sappia tenere in mano un timone è lui, luomo di Montenero di Bisaccia. Di Pietro vuole una coalizione dove lui può presentarsi come alternativa seria e concreta a Berlusconi. Quando parli di queste cose con i parlamentari del Pd si limitano a far oscillare la mano davanti alla testa, come a dire: vaneggia.
Di Pietro non lo dice, soprattutto per non dare soddisfazione a certi intellettuali da salotto, ma a questo punto la tentazione di andare oltre lIdv, come ha scritto Flores dArcais sulle pagine del Fatto, un pochettino esiste. Solo che il patriarca di Micromega pretende lo scioglimento del partito, stracolmo a livello locale di avventurieri e riciclati, come lo stesso bimestrale ha certificato con uninchiesta firmata, a settembre, da Marco Zerbino. Flores dArcais pretende, ma Tonino non è uno sciocco. LIdv è la sua azienda. È la casa politica che si è costruito su misura, dove è padre e padrone, dove se il collega De Magistris continua a rompere le scatole può, prima o poi, sbatterlo fuori. LIdv è il suo patrimonio, quindi non si scioglie un bel niente. Tuttal più lIdv può mettere piede, in modo organico, in quel calderone sfasciato che è al momento il partito democratico e papparsi il resto di nulla.
Il gioco non è affatto facile e Di Pietro rischia di sottovalutare la forza dinerzia di Bersani, che sa galleggiare sulle macerie del passato. Al di là di come andrà a finire questa storia resta una piccola verità. In tempi di carestia la tentazione è sempre la stessa: cannibalizzare il vicino di casa.
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