E ai Marconi il bronzo sfugge per un respiro

RomaNove maledetti centesimi di punto. Come perdere al fotofinish in una gara dei 100 metri di atletica o in uno sprint di ciclismo. La prima medaglia mondiale della premiata famiglia Marconi sfuma davanti al pubblico amico. L’occasione attesa una vita. Vita fatta di sacrifici, specie negli ultimi tre anni di esilio forzato a Trieste per allenarsi in una piscina solo per i tuffi. In quei nove centesimi non c’è solo la rabbia di aver perso la possibilità di salire sul podio iridato del trampolino, ma anche la seria intenzione di smettere.
Per ora è solo un’idea, rivelata però ad alta voce: Nicola ha 31 anni, Tommaso 27, ma il loro futuro sportivo è appeso alla possibilità di proseguire il progetto che porterà a Londra 2012 in un impianto della Capitale, la loro città. In particolare, quello dell’Acquacetosa, semidistrutto nel ’92 da un incendio e ancora non risistemato al meglio. Si erano abbracciati, Nicola e Tommaso, dopo che i tedeschi Feck e Hausding avevano fatto un ultimo tuffo sotto gli 80 punti. «È fatta», avevano pensato, tirando fuori una performance da oltre 88. Non avevano fatto i conti con la coppia canadese: l’esperto Despatie, plurimedagliato anche nella piattaforma, e il coetaneo Ross, che dall’anno scorso affianca il compagno nella specialità del sincro. Risultato: sorpasso con l’ultimo doppio rovesciato carpiato e beffa finale per gli azzurri. Il tabellone è impietoso: 428,64 per i nordamericani, 428,55 per i romani.
Un boccone amarissimo da buttare giù. «Io sarò ignorante, ma i canadesi non mi sembravano sincroni – dice scuro in volto Tommaso -. Abbiamo dato il massimo, non possiamo rimproverarci niente e nove centesimi non sono nemmeno mezzo punto. Smettere? È un’idea. Si fa fatica ad andare avanti, per i piccoli sport è così. E stare a Trieste ci pesa, mio fratello non è più un ragazzino e lui, come d’altronde io, pensiamo un giorno di mettere su famiglia». Una polemica che non è solo il riflesso incondizionato di una sconfitta bruciante, è anche la frustrazione per l’attesa ormai messianica di una piscina a due passi da casa. «Ogni volta ci dicono che è pronta, invece niente – sottolinea Nicola -. A noi sono mancati anni di preparazione, ci siamo tuffati da trampolini sgangherati in mezzo ai ragazzini e a pallonate di pallanuoto. Se volevamo avere mezz’ora tutta per noi dovevamo alzarci alle 5 del mattino... Siamo la serie B degli sport di serie B, è dura continuare così».
Ci aveva sperato, Nicola, dopo il bronzo europeo di Torino ad aprile. «A Melbourne 2007 eravamo arrivati quinti a 5 punti dal bronzo, ora quarti per nove centesimi, una beffa anche per tutti coloro che sulle tribune del Foro Italico ci hanno sostenuto e credevano nell’impresa», ricorda il più anziano della famiglia, che poi sottolinea che il suo mondiale non è finito. Proseguirà martedì, con la gara individuale da 3 metri.
Nicola ha già il cervello staccato, oggi cercherà di essere in tribuna, insieme a Tommaso, per fare il tifo per la sorellina Maria, impegnata nel trampolino da 1 metro. Per pensare al futuro, ci sarà tempo.

Intanto organizzeranno il 26 luglio a Ostia un Galà di tuffi per finanziare la costruzione di un asilo in Abruzzo. «I ragazzi chiedono solo di potersi allenare al meglio per restare a certi livelli, lavorare per vivacchiare non ci interessa», la chiosa dell’allenatore Rinaldi. In questo la Cina è davvero lontana anni luce.

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