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E all’estero scoprono l’italica (in)giustizia

Se il giudice si sveglia con la luna storta sono guai. Già questo sarebbe un male ma almeno sarebbe definitivo, invece il caos delle liste elettorali ci ha ricordato in modo chiarissimo come un pronunciamento di un tribunale spesso è solo l’inizio di un’odissea

Se il giudice si sveglia con la luna storta sono guai. Già questo sarebbe un male ma almeno sarebbe definitivo, invece il caos delle liste elettorali ci ha ricordato in modo chiarissimo come un pronunciamento di un tribunale spesso è solo l’inizio di un’odissea, costellata di ricorsi e controricorsi alla fine dei quali la pallina si può fermare sul rosso o sul nero. Quello che invece questa vicenda non ci ricorda è che se per la «giustizia» della politica le udienze si fissano il giorno dopo, per un cittadino e per un’impresa i tempi si dilatano mostruosamente e la pallina continua a girare sulla roulette dei tribunali per anni, nei quali tutto resta congelato salvo le spese.
Il punto è sempre quello: chi paga? Nel caso delle liste è evidente, i sondaggi parlano chiaro, ha pagato il Pdl anche dove il Tar ha sconfessato l’iniziale esclusione, come nel caso della Lombardia. Nel caso dei contenziosi che vedono coinvolti i cittadini e le società è altrettanto evidente: pagano loro, sia direttamente con le proprie tasche che indirettamente per tramite dei denari pubblici, che lo stato spende durante l’interminabile sequenza di ricorsi e verdetti. A questo punto forse è il caso di riflettere ancora una volta sull’evidente e clamorosa pericolosità della capacità invasiva di intervento di un tribunale abbinata con la totale deresponsabilizzazione di cui godono i magistrati.
In buona sostanza abbiamo una categoria che può minare reputazioni personali, cancellare partiti dalle elezioni, danneggiare magari irreparabilmente intere società con migliaia di dipendenti con la certezza di non dover mai rispondere personalmente del proprio operato. Se un giudice di grado successivo annulla i provvedimenti del precedente, magari spiegando che erano del tutto abnormi e che stravolgevano completamente la legge, quali sono le conseguenze per il magistrato accertato «colpevole» di tali errori? Semplice: nessuna.
L’altro giorno Nicola Porro su queste pagine ha ben spiegato il potenziale distruttivo di una legge (la 231) che consente di «incriminare» una società per i reati commessi (o anche ipotizzati) dei suoi vertici: in particolar modo, ricorda giustamente Porro, se la custodia cautelare è un duro colpo alla reputazione personale, il suo equivalente per una società (cioè il commissariamento) può essere un danno mortale e spesso non riparabile per ditte che magari impiegano migliaia di persone per bene e del tutto estranee a qualsiasi vicenda legale. Non a caso poi il Financial Times (a proposito, bensvegliati, dormito bene?) sgrana gli occhi e descrive in un’editoriale di Paul Betts lo stupore per dei manager imprigionati sine die come sta capitando a Scaglia ma soprattutto per l’enormità della richiesta di commissariamento di una grande società in salute «senza essere nemmeno vicini all’inizio di un processo». Ecco, l’abbinamento di questo potere con la mancanza di responsabilità civile diretta del magistrato (che non rischia nemmeno per la carriera) ricorda un po’ la possibilità di dare a delle persone dei candelotti di dinamite e il permesso di usarli liberamente. In molti saranno persone serie, ma chi ci garantisce che non ce ne siano alcune che semplicemente vogliano divertirsi a sentire il botto che fa il grattacielo quando cade? Come è possibile convincere un imprenditore estero ad investire in Italia quando sa che il rischio è di finire nella palude dei ricorsi sin dal primo mattone, magari per motivi risibili?
Il punto sta tutto qui: le storture della nostra giustizia non si combattono con nuove leggi ed interpretazioni perché tanto è sempre possibile per il magistrato bendarsi gli occhi e far finta di non vederle, come è accaduto per il caso delle liste elettorali.

Occorre intervenire alla radice responsabilizzando il tribunale in modo che sappia che se sbaglia in modo grossolano ne potrebbe subire le conseguenze, come accade per qualsiasi cittadino italiano. Uguale per tutti.
posta@claudioborghi.com

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