E all’improvviso si scoprì che la «grandeur» è piccola

Tutto è iniziato un anno fa, quando l’edizione europea del settimanale americano «Time» - dicembre 2007 - pubblicò un lungo articolo di sette pagine del giornalista Donald Morrison dal titolo catastrofico «The Death of French Culture» che scatenò un dibattito piuttosto aspro sul presunto declino della cultura francese. Oggi, dopo la pubblicazione da parte dello stesso Morrison per le edizioni Denoël del pamphlet (che nasce da quelle stesse pagine) «Cosa resta della cultura francese?», la polemica torna a riaccendersi. L’analisi di Morrison sull’arte e la cultura francesi ritenute «malades», «atteintes de nombrilisme aigu,(..) sans grande ambition, quasiment provinciale(s) et souvent très bavarde(s)», è severa e impietosa.

Nello stesso tempo lo storico della letteratura Antoine Compagnon ha «risposto» alle accuse di Morrison con un libro che pur ammettendo molti limiti della cultura francese ne difende l’autonomia dalla politica. Da un punto di vista più strettamente «pedagogico» un pesante j’accuse fu lanciato lo scorso anno dal matematico Laurent Lafforgue (insieme a Liliane Lurçat) nel suo «La débâcle de l’école».

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