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E all’Opus Dei non hanno dubbi: «Impossibile un colpo di testa»

Affiliato alla prelatura dagli anni ’60, in un’intervista al «Giornale» l’imprenditore spiegava: «Cerco di trasformare il lavoro in preghiera»

Andrea Tornielli

«Stiamo pregando e siamo vicini alla famiglia di Gianmario Roveraro. Non riusciamo a capacitarci su che cosa possa essere successo. È una persona affidabile, anzi la quintessenza dell’affidabilità, non un tipo da colpi di testa...». Così Giuseppe Corigliano, portavoce dell’Opus Dei in Italia, commenta la notizia della scomparsa del settantenne finanziere di cui si son perse le tracce da una settimana. Roveraro è in contatto con la prelatura dell’Opus dagli anni Sessanta. Era stato lui stesso a raccontarlo al Giornale nell’ottobre 2002, in occasione della canonizzazione di san Josemaría Escrivá, fondatore dell’Opus Dei: «Il primo contatto l’ho avuto all’inizio degli anni Sessanta, un collega di lavoro mi ha invitato a un ritiro spirituale. Mi colpirono la pienezze delle risposte dottrinali, l’approfondimento delle ragioni della fede, la pedagogia e l’assistenza spirituale. Capii che era possibile santificarsi nella vita di ogni giorno».
Divenuto «soprannumerario» (così vengono definiti i fedeli dell’Opus che sono coniugati), ha sempre lavorato - diceva - «cercando di trasformare il lavoro in preghiera». «Non vado in giro a dire che sono cattolico e che vado a Messa. Però da qualche parte, prima o poi, lo si dovrà vedere».
Alto, con il fisico atletico - nel 1956 era stato il primo italiano a saltare oltre i due metri - il banchiere «porta benissimo i suoi settant’anni», spiega Corigliano. Dunque un eventuale suo rapimento non doveva essere poi così facile: «Non è un ragazzino che metti nel sacco e via». Eppure il portavoce, che lo conosce da tanto tempo, tende a escludere una fuga volontaria. Quanto all’incontro al quale mercoledì 5 luglio Roveraro avrebbe partecipato prima di sparire nel nulla, Corigliano afferma che si è trattato «della proiezione di un filmato sulla figura di Escrivà, uno di quei filmati che lo ritraggono mentre incontra e dialoga con i fedeli». La proiezione si è tenuta in un centro dell’Opera vicino alla stazione della metropolitana di Crocetta. Il portavoce aggiunge che Roveraro è «una persona correttissima». Per questo «è difficile farsi un’idea di cosa possa essere successo, perché si tratta di una persona di una tale correttezza che sconfinava nella delicatezza. Una persona molto affidabile e pacatissima. Stento a credere che possa essersi allontanato volontariamente senza avvisare in alcun modo la famiglia». Inoltre, conclude Corigliano, il banchiere era certamente «benestante, ma non era ricco sfondato».
Oltre ad essere da lungo tempo un fedele dell’Opera, Roveraro è stato fino a qualche anno fa anche presidente della Fondazione Rui, l’ente che riunisce le residenze universitarie legate alla prelatura. «L’Opus Dei - confidava il banchiere nell’intervista al Giornale - mi ha aiutato a comprendere meglio perché si lavora, o meglio per chi si vive.

Il pieno significato del lavoro, come della vita, è nel riconoscerci creature di Dio che ci guida».

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