da Roma
I dati sul carovita ridanno fiato alla mobilitazione dei sindacati sui salari. E fanno tornare di attualità le liberalizzazioni, proposte come antidoto al continuo aumento dei prezzi, sia da alcune organizzazioni dei lavoratori, sia dai settori della politica. Compreso il ministro allo Sviluppo Pier Luigi Bersani, che ha auspicato un ritorno alle lenzuolate.
Dal punto di vista dei sindacati l’inflazione di dicembre al 2,6 per cento non è altro che la conferma di un allarme lanciato da tempo. Di fronte al quale - temono Cgil, Cisl e Uil - il governo sta perdendo tempo. «Mentre il medico studia - è la battuta del segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni - il malato muore. I grandi tecnici che abbiamo nel governo stanno esponendo il Paese a rischi altissimi perché quando l’inflazione aumenta è un colpo al reddito di lavoratori e pensionati e nello stesso tempo aumentano anche gli interessi sul debito». Sulla stessa linea l’Ugl, il cui segretario generale Renata Polverini ha chiesto «un intervento deciso» in tempi brevi. E la Cisal, con il segretario Francesco Cavallaro che chiede un incontro urgente a Palazzo Chigi.
Le cifre sfornate ieri dall’Istituto di statistica, si trasformeranno in carte che i sindacati giocheranno all’incontro con il governo di martedì. «Bisogna intervenire per ridurre la pressione fiscale sui redditi da lavoro e da pensione, ma anche sulle tariffe e sulla sterilizzazione delle accise sui carburanti», ha spiegato il leader Cisl. Le accuse al governo non riguardano solo i ritardi sui tagli in busta paga e l’omesso controllo sui prezzi. Ci sono anche le tariffe, che investono la politica in modo più diretto. «Non si capiscono alcuni aumenti decisi come ad esempio quello delle tariffe autostradali», attacca il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani.
Il primo obiettivo rimane comunque quello di tagliare le tasse che gravano sugli stipendi dei lavoratori dipendenti. Una politica di «sostegno alla domanda», invocata dal segretario della Uil Luigi Angeletti, che ancora non è stata nemmeno abbozzata. Per i limiti delle risorse, innanzitutto. L’ipotesi di un tesoretto di 6-8 miliardi circolata in questi giorni «è tutta da verificare», per l’esecutivo. Anche perché, come hanno detto i sindacati, il risveglio dell’inflazione rischia di bruciare altri soldi pubblici in interessi del debito. Sul campo per il momento ci sono le richieste dei sindacati. Sgravi per la contrattazione di secondo livello; e la riduzione della terza aliquota Irpef dal 38 al 37 per cento e più detrazioni per la famiglia. Ma non mancano proposte alternative. Come gli sgravi fiscali per i premi aziendali, che oggi vengono sommati all’imponibile e quindi sono resi poco convenienti dalla progressività delle imposte. Una proposta che il responsabile economia del Partito democratico Giorgio Tonini ha adottato. E che il centrodestra sponsorizza già da qualche mese, tanto che ieri Maurizio Sacconi, senatore di Forza Italia e autore di una proposta di legge in questo senso, ha auspicato «convergenze» tra centrodestra e Pd. Contraria la sinistra radicale e la Cgil. Più disponibile la Cisl e, in parte, anche la Uil.
C’è poi il fronte delle liberalizzazioni, riaperto dal ministro Bersani, secondo il quale serve a «fare di più» contro l’inflazione, «contrastando eventuali speculazioni, approvando nuove liberalizzazioni e rafforzando i redditi da lavoro».
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