Poi dicono che siamo senza soldi. Ma va, non deve essere vero. Probabilmente ne abbiamo in abbondanza, anche se non lo sappiamo: altrimenti perché ne distribuiamo a pioggia in tutto il mondo? Sentite qua: 900mila euro agli italiani di Algeri (che sono solo 441, fra l'altro) per una serie di progetti formativi, fra cui spicca «l'individuazione di nuove opportunità di business in relazione alle tendenze del commercio internazionale»; due milioni e 200mila per formare elettricisti, falegnami e qualcos'altro a Rio de Janeiro; un milione di euro per essere sicuri di avere orefici, chef, guide turistiche ed elettromeccanici a Bogotà. E un milione di euro per fornire, fra l'altro, fresatori e tornitori alla regione di Caxias do Sur e Bento Goncalves: sono le spese piuttosto allegre di Porto Alegre. Samba ragazzi, qui ce n'è per tutti. E anche di più.
L'importo complessivo (a carico del contribuente) ammonta a 30 milioni di euro. Non sono pochi. Soprattutto sono troppi se si pensa alla vera ragione per cui vengono spesi: non risolvono nessun problema, in pratica, a parte quello di Prodi, che per restare attaccato alla poltroncella deve tenersi buoni i parlamentari eletti all'estero. E allora avanti con la distribuzione a pioggia. Non ci credete? Leggetevi la nostra inchiesta: un milione e 350mila agli italiani di La Plata per «attività formative nell'allevamento del bestiame»; 800mila euro per istruire carpentieri e altro a Curitiba (Brasile), 200mila euro per la provincia di Kwa Zulu Natal (Sudafrica) che potranno riguardare, fra l'altro la produzione di mobili e calzature, e oltre 5 milioni alla Svizzera per una serie di iniziative molto interessanti, del tipo: «Si evidenzia che l'inserimento di moduli di insegnamento della lingua inglese nelle materie di studio dei corsi sarebbe particolarmente utile». Ma davvero? L'inglese è utile? Lo scopriamo adesso? E soprattutto per scoprirlo dobbiamo andare in Svizzera e spendere 5 milioni di euro?
Fra gli interventi svizzeri da sottolineare il bonus destinato a chi vive a Basilea per il «divario culturale» (e si capisce: il noto divario culturale di Basilea); ad Asmara invece non si esita a formare militarmente 190 giovani destinati alla guerra. Ma non sono nemmeno da sottovalutare i 7 milioni di euro destinati all'Argentina di Luigi Pallaro (senatore indipendente eletto nell'Unione e decisivo per la sopravvivenza del governo), mentre chissà perché gli Stati Uniti restano a bocca asciutta. Nota bene: si finanzia un po' di tutto, persino la formazione degli ultrasessantenni perché, in fondo si sa, non si smette mai di imparare.
L'abitudine di distribuire soldi a pioggia, purtroppo, non è nuova. Solo ieri abbiamo pubblicato sul Giornale l'elenco dei comitati culturali finanziati dallo Stato. Avete visto, no? Ce n'è per tutti i gusti: dal comitato per il viaggio dei Re Magi, a quello per la storia dell'energia solare, da quello incaricato di celebrare come si conviene i mille anni della fondazione San Nilo a quello che organizza il quarto centenario della beata Bonomo. Per carità: probabilmente tutte iniziative meritevoli, una per una, ma che insieme fanno la bellezza di altri 67 milioni di euro a carico della collettività (oltre ai 30 che finiscono allestero).
Piccole cose direte voi. Ma il fatto è che da queste piccole cose, da uno Stato troppo presente e troppo spendaccione, deriva la voragine dei nostri conti pubblici. La Banca d'Italia, ieri, ha fornito, e con forza, un'indicazione precisa: per ridare fiato al Paese c'è una sola via, quella di tagliare le tasse. Ma come si fa a tagliare le tasse finché non si tocca la spesa pubblica? E come si fa a toccare la spesa pubblica se chi governa ha come esclusivo obiettivo quello di restare abbarbicato al governo? La conseguenza è inevitabile, ed è purtroppo sotto i nostri occhi. La finanza pubblica viene ridotta a merce di scambio. Si distribuiscono mance a destra e a manca (soprattutto a manca).
Mario Giordano
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