E Cento: ci teniamo le mani libere

L’esponente dei Verdi: "Modifiche al protocollo necessarie. Il Pd non sottovaluti il nostro peso"

E Cento: ci teniamo le mani libere

Roma - "Mani libere", come a Taranto, nelle alleanze, se i centristi insisteranno a cercare altri interlocutori. E attenzione a blindare il protocollo sul welfare, perché la sinistra radicale pesa il 10 per cento dei voti e 150 parlamentari. E il Partito democratico, con il 30 per cento, da solo, non va da nessuna parte. L’avvertimento è di Paolo Cento, esponente dei Verdi e sottosegretario all’Economia. Che spiega anche cosa vuole cambiare dell’intesa governo-sindacati: la legge Biagi e il Pacchetto Treu che «ha introdotto i contratti atipici».
Anche lei è parte di quella sinistra che fa critiche «marginali e pretestuose» al protocollo, come dice Tiziano Treu?
«Sono sorpreso e non vedo proprio posizioni marginali. La sinistra ha 150 parlamentari e non vorrei che si fosse sottostimato il suo peso. Andiamo ben oltre il 10 per cento».
Lo ha detto anche il Pdci. Siamo già alla sfida dei voti tra Cosa rossa e Partito democratico?
«Io non vorrei che la nascita del Partito democratico portasse una parte del centrosinistra a considerarsi autosufficiente perché sarebbe una convinzione assolutamente sbagliata. Con il 30 per cento non si va da nessuna parte e suggerirei a tutti un po’ più di cautela. Alcune posizioni si possono non condividere, ma definirle marginali è un po’ supponente».
Possibile che tutta questa polemica sul protocollo sia solo politica, una conseguenza della nascita del Partito democratico?
«A me pare che si vada verso un centrosinistra fondato su due grandi aree, il Partito democratico e quella che noi chiamiamo sinistra arcobaleno. Nei prossimi mesi, nell’autonomia delle forze politiche, si dovrà definire anche un’identità. Certo, c’è una competizione su questi temi, ma andrebbe mantenuta nei limiti».
Però sono i moderati che chiedono a voi di non tirare la corda...
«Sono altri che hanno parlato di maggioranze di “nuovo conio”. E se insistono significa che vogliono mettere in difficoltà il governo, ma devono sapere che se le mani libere valgono per loro allora valgono per tutti».
I moderati del centrosinistra possono trovare altri interlocutori, per voi non è più difficile?
«C’è il modello Taranto, dove la sinistra arcobaleno ha vinto alleandosi con l’Udeur e le liste civiche. Di certo non ci faremo rinchiudere dentro una gabbia ideologica dal Partito democratico. Soprattutto noi Verdi»
Cioè cerchereste alleati anche a destra?
«No, ma saremmo più mobili».
Cosa farete se l’intesa non verrà cambiata? Voterete no?
«Non è il momento degli ultimatum, ma deve essere chiaro che le modifiche sono necessarie. E ora serve soprattutto un’offensiva autunnale con una manifestazione nazionale dei precari, dopo quelle fallite e organizzate strumentalmente contro i sindacati».
E in Parlamento?
«Daremo battaglia perché nessuno può pensare di far passare un pacchetto chiuso, visto che la sinistra non ha partecipato alla sua stesura né in Parlamento né nel governo. Noi ci muoveremo nell’intento di rafforzare il governo. E il governo sarà più forte se noi saremo più forti».
Cosa non va nell’intesa?
«Il protocollo non affronta il nodo della precarietà. Serve più coraggio sulla legge 30, ma anche sul pacchetto Treu che poi è quello che ha introdotto nel nostro Paese i contratti atipici. Se si vuole ridurre la precarietà bisogna anche introdurre nuove forme di tutela come il reddito sociale minimo».
Ma è una forma di ammortizzatore sociale tipica dei Paesi dove c’è un’estrema flessibilità del lavoro, mentre voi proponete di ridurla...


«È vero che è applicato in quei Paesi in cui c’è flessibilità, ma è anche vero che ormai l’Italia ha raggiunto gli altri Paesi europei. E poi anche il Libro Bianco di Marco Biagi legava i contratti flessibili all’introduzione di un nuovo Stato sociale basato sulla continuità del reddito».

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