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E la Clerici portò la droga a Sanremo

A farsi di crack è lui, ma in overdose ci siamo andati noi. Pazienza, è finita. Con la dedichina della Clerici, si vedeva che ci credeva perché lei non è mai una brutale per amore dell’effetto. Con la dedichina, si diceva, si è chiuso un capitolo. Forse in tv, Morgan non lo vedremo per un po’

A farsi di crack è lui, ma in overdose ci siamo andati noi. Pazienza, è finita. Con la dedichina della Clerici, si vedeva che ci credeva perché lei non è mai una brutale per amore dell’effetto. Con la dedichina, si diceva, si è chiuso un capitolo. Forse in tv, Morgan non lo vedremo per un po’. Pare che ne sia rimasto abbastanza schifato per declinare gli inviti, qualora ce ne fossero. E dal canto suo, la tv, l’ha usato abbastanza. Come si fa con il maiale. Se dopo tutto questo casino di crack mica crack, Morgan mica Morgan, pentimento mica pentimento, a Marco Castoldi venisse la strampalata idea di accomodarsi in qualche salotto tv, più che in un ospite, si trasformerebbe, ben presto, in un lungo degente. Morgan a zonzo per canali come per comunità mediatiche, a spiegare, a dar conto, a redimersi, a raccontare perché, a un certo punto, si è messo a vedere il lato rotto delle cose, a portare a spasso le sue macumbe depressive, a interagire con qualche improbabile pensatore, ad ascoltare qualche psicanalista pronto a concionare sul perché, spesso, un grande artista sia un candidato al Prozac... Non gli farebbe onore. E si allontanerebbe ancora di più da ciò che aveva iniziato ad essere tanto tempo fa, forse neanche tanto. Dal Morgan di prima, quello che la fama se la prendeva in faccia. Oggi, domani, a Festival finito, dovrebbe invece mettersi a scappare a gambe levate dal Max-Morgan, quello che confidava nell’esenzione dalle regole della storia. Ieri sera l’abbiamo aspettato tutti. Poi non è arrivato.
La Clerici ci ha creduto, fino all’ultimo. E l’ha risolta così. Con un tributo che era vietato chiamare tributo. Con una «pillola», sia detto senza ironia. Pare che per trascinare in qualche maniera l’autoesiliato Morgan, dentro questo Sanremo, la conduttrice sia entrata addirittura in contrasto con il direttore di Raiuno, Mauro Mazza. Così ha preso le distanze dalla droga «è una cosa che condanno», ma anche dalla severità di viale Mazzini. Né con la droga, né con la Rai. Lei dimagrita, emozionata, bersagliata «che difficile fare il Festival se sei una donna», era davvero dispiaciuta del fatto che i cantanti che avrebbero dovuto essere sedici, alla fine fossero solo quindici. È così la Clerici, un sacco di cuore in quella carne. Ieri nella sua vita c’era il palco dell’Ariston, la nostalgia per la mamma, la sua bambina «nuova di zecca», il suo compagno giovane, i chili persi... gli ospiti (Paolo Bonolis e Luca Laurenti che hanno aperto il Festival, l’inutile Antonio Cassano, Susan Boyle, Dita Von Teese) e a lei sarà sembrato di dover restituire qualcosa. Perché quando si è felici, è il momento di essere buoni, direbbe Marco Tullio Giordana. E a lei, ’sto Morgan escluso, proprio non andava giù. Un omaggio sarebbe stato troppo, un tributo non si poteva, ma una dedica, una dedica è una cosa tra amici. Quasi personale, anche se per farla arrivare si usa la tv di Stato. E poi quel testo che perfino secondo i linguisti sarebbe stato il più elegante di tutti, quel testo scritto da Morgan prima che si autosgretolasse proprio non poteva andare sprecato. Ne ha infilato un pezzetto a fine missiva. Che male poteva fare? «... Così volubile e profonda, stasera, l’atmosfera profuma d’incenso, quando ormai mi credevo disperso, con stupore immenso tutto ritorna per me ad avere un senso o almeno si spera, esce la sera, buona la sera...». Era anche vestita da grosso cuore rosso, Antonella. «Rosso angioma» come ha detto Bonolis, con una taglia ancora «a tre cifre» e un’emotività ancora più «larga». Lei e i suoi rapporti fiduciosi con la vita. Forse è vero, un conto è la Rai, un conto è la Clerici. Ce lo doveva cacciare dentro Morgan. E lo ha fatto. Con buona pace di Morgan, speriamo. Perché quella della Clerici non sembrava tracotanza da audience. E per l’audience, sarebbe bastato già l’inizio, con Bonolis e Laurenti. Il Festival l’ha aperto Paolo di fatto. Un po’ Ciao Darwin, un po’ Senso della vita. Ovunque arrivi lui, la tv ne trova di senso. «Non è che la Clerici ha cinque minuti?» ha detto per chiamare in scena la conduttrice dopo qualche minuto di sketch. Paolo del Festival numero cinquantanove, Paolo il salvaprogrammi, Paolo il battezza eventi. Dopo i suoi cinque minuti, a noi poteva già bastare così. Ci eravamo perfino dimenticati di Morgan. Invece Paolo ha passato la palla ad Antonella ed è stato il Festival della Clerici.

Anche senza Morgan.

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