E le colombe di Fli volano già via: «Al ballottaggio alleati di Silvio»

RomaIl Fli fa flop, nelle urne pesa meno dei grillini, e intanto riparte la rissa tra falchi e colombe. Il neonato partito del presidente della Camera, al battesimo elettorale, non solo non sfonda: affonda. Oscilla dal tra il 2 e il 4 per cento, lontano mille miglia dal rappresentare la destra europea, moderata, presentabile e popolare. Fini si accorge di essere poco più di un microcespuglio irto di spine antiberlusconiane e nulla più. Una sorta di ruota di scorta di Casini con il quale, con mille difficoltà, ha cercato di stringere un’alleanza elettorale che, nei fatti, non c’è stata. Su 134 grandi città, Fli, Udc e Api si sono presentati insieme soltanto in 13 (Milano, Bologna, Torino, Napoli, Siena, Arezzo, Assisi e altre minori). E in nessuna di queste è riuscito a piazzare un proprio uomo. Certo, il Terzo polo potrebbe essere determinante laddove si andrà al ballottaggio ma i propri candidati non hanno certo sfondato. A Napoli, Pasquino tocca il 9,6%; a Milano, Palmeri sfiora appena il 5,5%; a Bologna, città di Casini e Fini, Aldrovandi non supera il 5% (praticamente doppiato dal grillino Bugani, ndr); mentre a Torino, Musy resta inchiodato al 4,8%.
Dove il Fli ha corso da solo, è stato un mezzo disastro: male a Cagliari, dove Artizzu non va oltre un misero 4%; male a Trieste dove Lobianco segna un 3,2%; malissimo a Rovigo, dove Labarbuta prende un microscopico 1,7% e a Ravenna, dove Palazzetti non va oltre il 2,1%. Tragico il risultato di Latina, dove la lista «fasciocomunista» promossa da Antonio Pennacchi e guidata da Fabio Granata, raccatta un misero 0,8%.
Insomma, il peso del Fli, all’interno del Terzo polo, è pari a quello di una formichina. In più, come era prevedibile alla vigilia, si aprono adesso scenari scivolosissimi. Soprattutto per Fini. Ad urne ancora aperte Fini, Casini e Rutelli si sono incontrati a pranzo per concordare una linea comune alla luce dei primi risultati. Chiaro che sia stato il leader del Fli a chiedere ai due cautela sulle possibili alleanze in vista del secondo turno. Casini, avvezzo alla politica dei due forni, avrebbe mano ben più libera rispetto agli altri semi-alleati. Fini, invece, molto meno. Tuttavia i tre concordano per la strategia dei piedi di piombo. «Valuteremo con i nostri candidati sindaci nell’interesse esclusivo dei cittadini senza scelte pregiudiziali o corsie privilegiate», dicono in coro nell’attesa di bissare un incontro per oggi. A Milano, appoggiare la Moratti o il radicale Pisapia? A Napoli, sostenere Lettieri o il manettaro e dipietrista De Magistris? Ovvio che tra i tre sia Fini a pressare affinché si decida di non decidere. Tradotto: dare libertà di scelta ai propri elettori per non fare esplodere la bomba a orologeria che ha già iniziato a tichettare nelle fondamenta di casa Fli.
Il primo a uscire allo scoperto è stato l’ex ministro Andrea Ronchi secondo cui «i dati che emergono da queste elezioni impongono scelte chiare ed inequivocabili, per bloccare una sinistra estrema e populista. Nei ballottaggi è necessario mettere nuove basi per ricostruire il centrodestra ed è per questo motivo che è necessario appoggiare i candidati del centrodestra». A ruota l’altro moderato, Adolfo Urso: «Nelle democrazie dirette e bipolari è normale che al secondo turno si converga sui candidati con i quali si hanno maggiori affinità culturali e politiche, quindi programmatiche». Leggasi: Lettieri a Napoli e Moratti a Milano. Peccato che il falco Bocchino abbia schiaffeggiato immediatamente i due: «I singoli non è che possono fare dichiarazioni di voto: non vorrei che qualcuno parli più per la rassegna stampa di palazzo Grazioli che per gli elettori...». E ancora: «Le nostre posizioni sono chiare: se Ronchi vuole può sempre uscire dal Fli». Botte da orbi, insomma. Preludio di altre emorragie in casa finiana.
Ma a dar manforte ai falchisti, in ultima analisi alla linea-Fini, lo stesso Casini: «Ronchi? Mah... Io veramente parlo con Fini e Bocchino, non con Ronchi, e vi posso assicurare che con loro siamo in perfetta sintonia». Finora. Nelle prossime ore si vedrà fino a quanto reggerà il Terzo polo. La «non scelta» dappertutto, infatti, sarebbe infatti una decisione troppo pilatesca: sarebbe come certificare la propria irrilevanza politica. Ma se l’Udc, a Milano, potrebbe più facilmente lasciare libertà di voto al secondo turno, a Napoli le cose cambiano. E non è detto che i centristi decidano di far convergere i voti su Lettieri. A quel punto, per il Fli, sarà difficile seguire Casini e dare il sostegno a chi, fino a ieri, è stato tacciato di essere il «candidato di Cosentino». A quel punto, a minacciare di fare le valigie sarebbero i Granata, le Perina e i Briguglio. Per Fini i grattacapi non finiscono mai.

Con una certezza, però: tra lui e Casini a uscire ridimensionato è solo il presidente della Camera. E il ministro Saverio Romano mette il dito nella piaga: «Ora gli elettori del Terzo polo, che è oggettivamente inconsistente, devono scegliere da che parte stare».

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