E il debole Vattimo impugnò le forbici

I riferimenti di «Verità e metodo» alla concezione del dramma in Carl Schmitt, politologo accostato al nazismo, sono stati completamente eliminati

Verità e metodo. È il titolo di un’opera di Hans-Georg Gadamer, ma dovrebbe essere, innanzitutto, un buon promemoria di riflessione per chiunque si occupi di filosofia.
Un promemoria che il filosofo Gianni Vattimo dovrebbe conoscere bene. Non foss’altro perché la principale e osannatissima traduzione italiana della summa dell’ermeneutica del pensatore tedesco (uscita prima per Fabbri e poi per Bompiani) reca la sua firma. E se molti possono non apprezzare la sua idea che in filosofia è lecito copiare e non citare (partorita a difesa del prestigio del collega Umberto Galimberti) o che gli sfuggano affermazioni imbarazzanti sui Protocolli dei savi di Sion a proposito della presenza di Israele alla recente Fiera del libro (avrebbero esposto a giusto e imperituro ludibrio chiunque altro), nessuno può negare che Gadamer in Italia è noto grazie a lui.
Si potrebbe però scoprire che se Umberto Galimberti ha la brutta abitudine del taglia e incolla (e Vattimo direbbe: «Si può fare! Si può fare!») il teorico del pensiero debole ha la propensione a dimenticare o, forse, a tagliare ciò che non gli piace.
A noi questo dubbio è venuto parlando con il professor Paolo Becchi, docente di Filosofia del diritto dell’università di Genova, il quale già nel ’97 segnalò sulla rivista specialistica Nuova corrente che qualcosa, o meglio qualcuno, nella traduzione di Vattimo era sparito. Peccato che nessuno abbia potuto, o voluto, o saputo dargli retta, prima di adesso.
Professor Becchi, che cosa manca nella versione vattimiana di Verità e metodo?
«Mancano le dieci pagine degli Exkurs che Gadamer aveva aggiunto a fine testo. In particolare mancano le tre pagine che Gadamer aveva dedicato a Carl Schmitt. Pagine sul dramma, uno dei temi che più interessavano Gadamer».
E lei come se ne è accorto?
«Nel ’97 ero a Düsseldorf a studiare le carte di Schmitt per un mio articolo. Fra gli scritti e gli appunti del politologo trovai alcune fotocopie tratte da Verità e metodo che parlavano di Schmitt e che Schmitt stesso aveva sottolineato e commentato. Sono rimasto stupitissimo, perché nell’edizione italiana curata da Vattimo di quelle pagine non c’era traccia. Così sono andato a controllare l’edizione tedesca, e lì le pagine c’erano. Poi nel testo vero e proprio c’era un’apposita nota a un passo del testo in cui si parla di “irruzione del tempo nel gioco”, che rimandava all’Exkurs su Schmitt. Se si va a guardare nell’edizione italiana (pag. 182) la nota è stata fatta sparire. Però a causa del taglio dei contenuti a cui rimandava quel virgolettato risulta ben poco comprensibile, è decontestualizzato».
Per capirci, visto che non tutti siamo professionisti del ramo... È un fatto grave?
«Mi pare ovvio che scientificamente sia tutt’altro che una bella cosa... Essendomi occupato di Amleto o Ecuba di Schmitt, se non avessi fatto questa scoperta casuale non lo avrei mai collegato a Gadamer. Mi sembra che basti».
E secondo lei questa omissione come si spiega?
«A lungo Schmitt è stato considerato un autore tabù per il suo accostamento al nazismo. Ora se ne parla in altri termini e si discute molto più liberamente delle sue teorie giuridiche e politiche. Ma quando Vattimo tradusse per la prima volta Gadamer non era così. Secondo me la citazione è stata espunta per non compromettere Gadamer come icona di sinistra».
Ma i tempi sono cambiati e anche nelle edizioni successive non c’è traccia della citazione...
«Metterla avrebbe significato ammettere di aver sforbiciato. Anzi, le dirò di più. Gli exkurs sono stati anche esclusi dal volume Verità e metodo 2, sempre edito da Bompiani a cura di R. Dottori uscito del ’96. Lì però è segnalato almeno che sono omessi. Anche se non si fa assolutamente capire “che cosa” è stato omesso».
Lei tutte queste cose le dice adesso per la prima volta?
«No. Le avevo scritte in una nota più che polemica al mio articolo su Schmitt su Nuova corrente uscito nel giugno ’97. Nuova corrente è una rivista scientifica che esiste dagli anni ’50. Non è forse la più diffusa d’Italia ma ha il suo valore... Si legge. Ci aveva scritto lo stesso Vattimo. Ma non ci fu nessuna risposta... ».
Secondo lei perché?
«Era più comodo per lui, e per molti altri, lasciar correre. Vattimo è un personaggio di peso, nessuno si mette a contestare in questi casi. Ammetto che anch’io mi sono limitato all’articolo... D’altra parte la stessa vicenda Galimberti, di cui il vostro giornale si è occupato, mi sembra lasci capire come funzionano le cose».
Si scusa tutto?
«Il problema non è il singolo, è il sistema. Lo so anch’io che si può trovare una giustificazione per qualsiasi cosa. La troveranno anche in questo caso. Ma io mi chiedo: anche Vattimo che non crede nella realtà dovrà a un certo punto venire a patti con un semplice dato oggettivo, no? Quelle pagine c’erano. Nella sua traduzione non ci sono più. E questo basta».
Così chi vuole leggersi le riflessioni di Gadamer su Amleto o Ecuba. L’irrompere del tempo nel gioco del dramma di Carl Schmitt, dovrà imparare il tedesco o andarsi a prendere la traduzione fatta da Becchi per Nuova corrente numero 119 (1997).
Leggendole non si diventa certo nazisti. Si scopre che Gadamer non si faceva alcun problema a riflettere e dissentire dalle idee di Schmitt su Amleto, argomentando senza isterismi e senza tabù.

Cercava verità, aveva metodo e dubbi (anche sul metodo). Debolezza del pensiero permettendo, vorremo continuare a considerare queste importanti astrazioni ben diverse da oggetti, materiali e un po’ crudeli, come la fotocopiatrice e la forbice.

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