E finalmente piove sui profeti del disastro ambientale

Piove, se Dio vuole, piove. Ci si può chiedere, nel mentre le acque scendono dal cielo, in qual modo mai ciò possa accadere. Non è forse l'Italia (e, in particolare, la pianura Padana) a detta di tutti preda e oggetto di una inarrestabile siccità? Di certo, fra meno di una settimana, pontificando di chissà quali altre mutazioni, gli stessi che lanciavano fino a ieri allarmi in quel senso chiederanno l'intervento delle autorità per gli allagamenti e, speriamo di no, le alluvioni. Non se ne può più!

So che è come sparare sulla Croce Rossa, caro Mauro, ma impossibile non ridere, non sghignazzare per la figura da bischeracci fatta dagli ecotalebani ambientalisti. Di ieri, solo di ieri sono le loro geremiadi, le paginate con la mappa del Po «che muore», le foto di zolle argillose seccate dagli impietosi dardi del sole (se vuoi, te ne scatto un paio anche nelle Everglades della Florida), le «emergenze», quel bel tomo di Pratesi che invitava a non lavarsi - e meno che mai le mutande - per non sprecare acqua (speriamo che si sia messo in déshabillé sotto quella bella, intensa e duratura pioggia: almeno una risciacquata l'avrebbe rimediata), e quell'altro, Pecoraro Scanio - ministro dell'Ambiente! Uno che del clima dovrebbe capirne qualcosa - che lanciava un «allarme» via l'altro. Stanca degli ottusi, citrulli attentati alla sua dignità, la Natura s'è presa la giusta vendetta schernendo i falsi profeti: piove. Piove che Dio la manda.
Basta. Hai ragione, caro Mauro. Credo sia giunto il momento, lasciami dire, di «fare chiarezza». E di ricordare (se a qualcuno, magari di Repubblica, la memoria fa cilecca, prego consultare le collezioni dei giornali) che i più autorevoli sostenitori del global warming, del riscaldamento globale e quindi della desertificazione e della siccità, sono gli stessi che negli anni Settanta lanciarono l'allarme per l'imminente era glaciale. Abboccando all'amo dei catastrofisti in versione freezer, nell'aprile del 1975 Newsweek sparò in copertina «The cooling Word», il mondo in raffreddamento. Specificando che la comunità scientifica era «pressoché unanime» nel giudizio, in quella occasione l'autorevole settimanale diede per assodata «la certezza di cambiamenti drammatici del clima sulla terra, con conseguenze catastrofiche» a causa del global cooling, il raffreddamento globale. Ovviamente la stampa internazionale abboccò a sua volta ed anche da noi certi giornali se ne uscirono con una serie di drammatiche descrizioni della avanzata dei ghiacciai alpini, della spietata tenaglia del gelo e della banchisa polare che lambiva l'Islanda annunciando l'apocalisse di una nuova era glaciale. Va da sé che causa freddo intenso fu data per certa, inevitabile, una drastica diminuzione della produzione del grano (in Canada e Urss, dimezzate) con conseguenti milioni di morti per fame. È andata invece a finire che il tasso di crescita nella produzione di cibo si è mantenuto intorno al 2,4 per cento. Che quella del grano è aumentata, tra il '70 e il 2001, del 62,4 per cento. E che per il Canada l'incremento ha superato il 70 per cento. Andatagli buca col raffreddamento globale, ricorrendo alle stesse argomentazioni, agli stessi dati «scientifici» e prefigurando i medesimi flagelli, gli ecotalebani ora ci provano col riscaldamento globale.

Crepi l'astrologo.
Paolo Granzotto

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