E Fini ora ha un debole per le tre colonnelle

La metamorfosi di Gianfranco Fini investe pure il suo esercito: addio colonnelli, benvenute amazzoni. Bye bye La Russa, Gasparri e Matteoli; welcome Perina, Bongiorno e Polverini. Donne toste, ambiziose ma soprattutto fedeli al capo e alla sua linea bipartisan. Le hanno soprannominate «le tre moschettiere» ma anche «le Gianfri’s Angels»: potere rosa in versione caterpillar. Flavia Perina la direttora, Giulia Bongiorno l’avvocatessa e Renata Polverini la sindacalista sono i volti in gonna del finismo anche se tutte e tre indossano i pantaloni e, per loro ammissione, odiano le sottane.
Flavia Perina, classe ’58, figlia della Fiamma, direttore del Secolo d’Italia, deputata, testarda, ex camerata, è cresciuta nel nero che più nero non si può anche se adesso, come le altre, non disdegna le strizzatine d’occhio a sinistra. Con Veltroni firma proposte di legge per dare il voto agli immigrati, detesta il leghismo perché «becero», snobba le bellocce in politica e appena può scrive che il Pdl rischia di trasformarsi nel partito del premier. Ha lanciato lo slogan «no al partito caserma» anche se è cresciuta nella gendarmeria del vecchio Secolo assieme a Gasparri, Urso, Storace e «er pecora» Buontempo. Lei l’unica femmina in mezzo al machismo della vecchia destra. Oggi finianissima, ieri era rautiana, tifosa del principale antagonista di Gianfranco. S’è fatta le ossa nelle sezioni di partito, bazzicando quella della Balduina dove, dopo l’omicidio di Walter Rossi di Lotta continua, la blindarono assieme ad altri 61 camerati: un mese di Rebibbia. Amica di Francesca Mambro e Isabella Rauti (moglie di Alemanno), le piacciono - come alle altre due - le femmine con gli attributi: «Noi donne di destra, penso alla Bongiorno e alla Polverini, siamo chiare, nette. Non siamo mica gente dal tono peloso e mellifluo, noi». A sinistra stima Paola Concia e Anna Finocchiaro e l’unico vezzo femminile che ammette è quello di «lavorare a maglia da dio».
Negata con l’uncinetto, invece, l’altra amazzone finiana, Giulia Bongiorno: il carro armato del codice, il legale dei vip che nelle aule di tribunale ha già difeso Andreotti, Piero Angela, Totti, Cragnotti, Bettarini, Vittorio Emanuele, Alessandro Moggi, Sollecito e il giudice Forleo. A lei s’è affidato pure Fini per uscire dalle grane del suo matrimonio con Daniela Di Sotto. Stakanovista e puntigliosa, corre anche quando cammina e in Transatlantico, spesso in tailleur, fila sempre via come se dovesse perdere un aereo. Liceo dell’Opus Dei a Palermo, classi solo femminili, è sempre stata maschiaccio: basket (benissimo seppur minuta), calcetto, canoa. Oggi corre tutte le mattine all’alba a villa Borghese. È diventata famosa per quell’«Evvaaaiiii, presidenteeee!», urlato al telefonino dopo l’assoluzione ad Andreotti che difese quando aveva appena 28 anni. Poi è arrivata la candidatura con An che accettò solo dopo aver consultato l’oroscopo. Per sua ammissione secchiona, è testarda come un mulo. È l’anti Ghedini per eccellenza e con lui lima, concorda, più spesso controbatte tutte le mosse in materia di giustizia. Ha bloccato il testo sulle intercettazioni, contestato il lodo Alfano, criticato il processo breve, bocciato l’indulto. Quando si parla di carceri s’illumina e i suoi film preferiti sono «Fuga da Alcatraz» e «Fuga di Mezzanotte». Androgina, odia il velinismo anche se ha ammesso: «Sono partita piena di pregiudizi ma devo dire che non tutte le belle sono cretine. La Carfagna per esempio...». Stravede per Napolitano e, naturalmente, Fini.
La terza colonnella è Renata Polverini, la sindacalista. Orfana di padre a due anni e mezzo, è cresciuta a pane e sindacato grazie alla mamma, delegata Cisnal. Sette anni di collegio dalle suore Carmelitane e poi anche lei nel sindacato fino alla scalata dell’Ugl. Grazie a lei la Triplice è diventata Quadruplice: invitata a tutti i tavoli più tosti (Alitalia, Fiat, Thyssen). Piace al rosso vivo, da Bertinotti a Epifani che più volte l’ha elogiata: «È caparbia e capace». Tra Mara Carfagna e Anna Finocchiaro preferisce la seconda ed è legatissima alla Perina e alla ministra Meloni. «Sono di destra come Cicciolina è vergine», ha ammesso, non nascondendo le proprie simpatie per D’Alema.

Neppure la candidata Pdl alla Regione Lazio indossa gonne e, come le altre, predica l’«andare al di là degli steccati ideologici». Paladina della «destra giusta», ama ripetere che «le vertenze sindacali non sono né rosse né nere» e ha portato in piazza i suoi contro la riforma Gelmini.

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