Fabrizio de Feo
da Roma
Le ostilità sulle quote rosa sono formalmente chiuse. Ma le scorie e le ceneri della guerra tra sessi andata in scena mercoledì a Montecitorio continuano a crepitare tra i corridoi della Camera. Il clima resta quello di una contrapposizione frontale tra donne e uomini con le prime che coltivano la loro rabbia e indignazione e i secondi che tentano di scaricare sullo schieramento politico opposto le responsabilità della bocciatura di un emendamento che avrebbe garantito un posto su quattro nelle liste elettorali alle candidate del gentil sesso. Uno «scivolone» a cui An e Forza Italia promettono di porre rimedio adottando «di fatto» il contenuto della norma. Un gesto forte con cui sconfessare anche quei quotidiani che, con qualche acrobazia, sulle prima pagine di ieri hanno imputato soltanto alla destra la responsabilità di un affossamento a cui il centrosinistra ha contribuito in maniera decisiva.
Se quasi tutti i parlamentari si impegnano nel classico esercizio dello scaricabarile, lUdc sceglie di andare in controtendenza, rivendicando orgogliosamente la bocciatura dellemendamento. «Le quote rosa sono anticostituzionali» dice Carlo Giovanardi. Ed Emerenzio Barbieri, uno dei 35 deputati (di cui 31 del centrosinistra) che ha chiesto il voto segreto si espone in maniera ancora più decisa. «Quote rosa? Ma non scherziamo. Le donne se sono brave saltano fuori. Ma non possono accampare il sesso per chiedere le quote».
Chi, invece, non ha ancora digerito lesito del voto è Stefania Prestigiacomo. «È la vittoria di un Parlamento maschilista» dice il ministro delle Pari opportunità. «Io sono molto risentita con la mia parte politica. Ma anche per la sinistra si trasformerà in un boomerang perché la battaglia andava fatta in maniera trasversale». Quasi tutte le donne della politica si uniscono al suo grido di dolore. Nel centrosinistra prevale, invece, lipocrisia di schieramento, con Francesco Rutelli che parla di «incidente fenomenale dentro la Cdl» e Romano Prodi di «palese dimostrazione antifemminile».
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