E Gianfranco diventa la star dei magistrati

FLIRT Il numero uno di Montecitorio alle toghe: la vostra indipendenza è la garanzia democratica

nostro inviato a Rimini

È un dialogo a distanza quello tra Gianfranco Fini e Angelino Alfano, al Salone della Giustizia alla Fiera di Rimini. Un dialogo rassicurante sullo stato di salute della maggioranza. Il presidente della Camera inaugura in mattinata la manifestazione e ribadisce che l’«imperativo categorico» per riformare il sistema giudiziario è «recuperare efficienza, credibilità e fiducia», con processi in tempi ragionevoli, una separazione delle carriere che tuteli l’autonomia e indipendenza del pm dall’esecutivo, un’obbligatorietà dell’azione penale che non sia totale discrezionalità dei procuratori sui reati da perseguire e una carriera che punti sul merito più che sull’anzianità.
Nel pomeriggio arriva anche il ministro della Giustizia e assicura che c’è «assoluta corrispondenza» con le proposte di Fini, che il Pdl condivide tutte. Piccoli distinguo, ma è chiaro che ambedue i personaggi colgono l’occasione per stemperare le tensioni nella maggioranza, dopo le polemiche sulle frasi fuorionda di Fini. Il numero uno di Montecitorio fa un discorso che piace molto ai tanti magistrati presenti, perché definisce la loro indipendenza dall’esecutivo «la vera garanzia» della democrazia, ma li sprona anche a collaborare con la politica per una riforma che faccia recuperare alla giustizia quella «credibilità» oggi molto appannata. Il Guardasigilli bilancia, mettendo l’accento sul ruolo riservato alle Camere che non può tollerare interferenze delle toghe.
Lo scenario è quello della grande «Cernobbio del diritto», come la definisce il promotore istituzionale dell’iniziativa Filippo Berselli, tra mezzi avveniristici delle forze dell’ordine, toghe ottocentesche e antichi strumenti di pena del museo criminologico. Berselli è anche presidente della Commissione Giustizia del Senato, dove si discute in questi giorni del ddl sul «processo breve». E visitando gli stand dell’esposizione, Alfano precisa che non c’è nessun freno a questo provvedimento, dovuto alla presentazione in Parlamento di ben quatto proposte di legge per regolamentare il «legittimo impedimento» delle alte cariche dello Stato. «Andremo avanti su tutto – dice il ministro - e saranno poi le Camere a decidere qual è la strada migliore per affrontare un problema importante, come è ormai riconosciuto trasversalmente e lo dimostra la posizione dell’Udc». Dopo aver visitato palmo a palmo gli stand del salone, soffermandosi dinanzi ai rottami dell’auto in cui Falcone morì, Alfano parla anche della lotta alla mafia, lanciando un appello ai magistrati: «Fate domanda per andare nelle cosiddette sedi disagiate, in Sicilia, in Calabria, dove ci sono troppi posti vuoti».
C’è al Salone anche il presidente dell’Anm, Luca Palamara. E poco dopo il ministro ribadisce il suo invito a tutti, Anm in testa, a collaborare per migliorare il servizio giustizia, come «in una squadra con la maglia del tricolore, perché si chiama Stato». Su immunità e legittimo impedimento Palamara dice: «La politica si assuma le sue responsabilità. La magistratura non può che prendere atto delle sue decisioni e fare in seguito le sue osservazioni. Però, il dibattito sulla giustizia non può essere monopolizzato da singole esigenze o agende personali».
Un riferimento polemico.

Ma lo stesso Fini ricorda ai magistrati che «la giustizia va concepita non come potere ma come servizio, nel senso più elevato dell’espressione». E al tempo stesso mette in guardia la politica dal «rischio di sostenere misure correttive di riforma svincolate da una logica d’insieme».

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