E Google diventa il «Grande Satana»

GLOBALE Non è solo internet ma una finestra sul pianeta: milioni di clic per possedere miliardi di persone

di Marco Lombardo

Il matematico Edward Kasner un giorno capì che c’era un limite all’immaginazione umana e la quantificò con un numero 1 seguito da cento zeri che per semplicità chiamò «Googol». Era il quasi infinito, una cifra che radunava le invenzioni dell’umanità e metteva un ostacolo al suo potere. Nel 1998 due giovani laureati, Larry Page e Sergey Brin, applicarono il metodo Kasner alla nascente era di internet, intuendo che alla fantasia umana si poteva aggiungere un nuovo immaginario. Il risultato sarebbe stato avere in mano il Tutto. Lo chiamarono Google.
Leggendo nella storia, il Grande Satana compare sempre dal nulla e il niente di un motore di ricerca comincia ad assomigliare maledettamente a quel serpente che offrendoti una mela ti ammalia sinuoso, ti conquista e poi ti annienta. Dodici anni dopo Google è un’azienda, un pozzo senza fondo pieno di denaro, un’idea diventata riferimento del mondo. E perfino una lobby che appoggia apertamente il presidente Obama così come un partito politico occulto che adesso potrebbe causare una crisi senza precedenti tra le superpotenze del Ventunesimo Secolo, ovvero Stati Uniti e Cina. E tutto in nome della libertà.
Perché la libertà è la scusa di tutto: Martin Luther King diceva che la sua finiva nello stesso punto in cui cominciava la nostra, Page e Brin in nome della libertà hanno ribaltato il concetto, ormai è la loro che inizia dove la nostra finisce. E questo non solo nel mondo degli affari. Google è una parola che non voleva dire nulla e che nel giro di poco tempo è diventato un modo di dire - googlare, cioè navigare su internet - sbaragliando tutti quelli che hanno posto il limite: si basa solo su una moltiplicazione, un algoritmo messo in un computer che ordina le pagine web secondo quello che facciamo noi, ovvero per numero di visite, di interesse, di importanza. Una semplice operazione matematica che magari lo stesso Kasner avrebbe ritenuto poco importante, ma per Google è la base della conquista del mondo, un pezzo per volta, con la mela in offerta speciale.
Quando nel 2006 Larry Page si è sposato, era già uno dei sei uomini più ricchi d’America a soli 33 anni, con un patrimonio stimato di 20 miliardi di dollari e un moltiplicatore infinito. Nel frattempo Google era già quotata in Borsa, esordì al Nasdaq il 18 agosto 2004 con un’altra delle sue idee meravigliose, ovvero facendo acquistare le azioni soltanto sul web attraverso il sito, saltando dunque la solita liturgia economica del passaggio nelle banche che fino a quel punto sembrava obbligato: milioni di dollari risparmiati uguale a milioni di dollari moltiplicati, l’equazione era sempre quella.
Il nuovo matematico autore della grande scoperta si chiama Eric E. Schmidt, quello che in americano si chiama Ceo e più che un amministratore delegato è l’utilizzatore finale dell’idea. Schmidt è salito in sella a Google nel 2001, lo ha fatto diventare il motore di ricerca più utilizzato, si è mangiato le aziende concorrenti, ha ammaliato, conquistato, distrutto amici e avversari, aziende e fatturati. È merito suo se Google oggi non è solo internet ma una finestra sul mondo in tutte le lingue, con video, immagini, mappe, perché loro sanno sempre chi sei, con chi sei, dove sei. Milioni di clic per possedere miliardi di persone, con il solito charme politicamente corretto.
Non è un caso infatti che al matrimonio del 2006 fossero presenti Bill e Hillary Clinton, il passato e il futuro dell’America. E non è un caso che proprio per Google la Clinton abbia aperto un pericoloso contenzioso con Pechino, perché la libertà ha un prezzo, spesso quello di un’azione di Borsa che quel 18 agosto di sei anni fa valeva 85 dollari e ieri era abbondantemente sopra i 500. E con dei numeri che dicono che nel quarto trimestre 2009 l’azienda ha prodotto un profitto di quasi 2 miliardi di dollari con una previsione futura che non ha limiti.
Così il Grande Satana oggi opera in decine di Paesi del mondo: dal suo quartier generale (Googleplex, a Mountain View, California) si è propagato con centinaia di sedi che trattano pubblicità (Google adsense), disegnano percorsi (Google Maps) danno notizie (Google News), offrono server (Google mail), stampano libri (Google Print), producono telefonini (Google Nexus One) e altro ancora, sempre googlando nell’universo dove l’infinito non ha barriere. Sedi dove i dipendenti non hanno orario né limitazioni, vivono come in un luna park e producono felicità.
Ed è per questo che l’altro grande tiranno del business, Steve Jobs, ha capito l’aria che tira e sei mesi fa - appena tornato da un trapianto di fegato - ha licenziato Schmidt dal consiglio di amministrazione della Apple. La guerra è guerra e pur di combattere il nuovo nemico Jobs ha appena annunciato di volersi alleare con il vecchio, la Microsoft: un sacrilegio per i puristi del web, una necessità per il mago di Cupertino.

Ma Schmidt ha già risposto che nulla cambierà, i piani sono già operativi, anche perché per scrivere il futuro in fondo è bastato solo un algoritmo. Quel futuro ovviamente lo troveremo cliccando su Google e se per caso scoppierà davvero una crisi internazionale, non vi preoccupate: è tutto calcolato.

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