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Il diktat dei "democratici": se vai ad Atreju sei un fascista

Gli artisti che sono stati ospiti della kermesse di Fratelli d'Italia sono stati messi alla gogna sui social da chi crede di essere parte del progressismo democratico

Il diktat dei "democratici": se vai ad Atreju sei un fascista
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Atreju è finito ma l'eco di questi 10 giorni di incontri ed eventi durerà ancora qualche giorno ma, probabilmente, quello che durerà ancora a lungo è lo stigma che i soliti democratici da tastiera hanno attaccato addosso ai suoi partecipanti, soprattutto personaggi del mondo dello spettacolo che hanno fatto seguito all'invito. Gianluigi Buffon, Mara Venier, Carlo Conti, Raoul Bova, Michele Placido, Francesco Facchinetti e così via sono stati accusati, niente meno, di essere "fascisti".

Emerge, ancora una volta, quel meccanismo perverso e intollerante che da tempo avvelena il dibattito pubblico in Italia. Non è bastato che la kermesse di Fratelli d’Italia abbia ospitato, in un'ottica di confronto e pluralismo, figure politiche di spicco dell’opposizione come Giuseppe Conte, o opinionisti notoriamente "non di campo", come Marco Travaglio per esempio. Per i seguaci del movimento progressista, chiunque abbia osato varcare la soglia di Castel Sant’Angelo e dialogare con la destra di governo si è macchiato di una colpa imperdonabile, una sorta di "collaborazionismo ideologico" punito con il marchio d’infamia del neofascismo. Dai social le accuse sono piovute copiose contro questi personaggi, la cui unica colpa è forse stata complimentarsi con Giorgia Meloni e non insultarla. Certo, qualcuno di loro è forse più abituato di altri, come Buffon che da tempo riceve quest'accusa e Michele Placido che, come ha raccontato proprio ad Atreju, anni fa, per aver espresso una simpatia o un apprezzamento per il premier in una cena con altri artisti, ha ricevuto con veemenza l'appellativo di "fascista" più volte.

Ma queste accuse non sono solo grottesche e anacronistiche ma rivelano una profonda paura del libero pensiero e, peggio ancora, del dissenso. Si vorrebbe imporre agli artisti un vero e proprio cordone sanitario, un veto morale che ne limiti la libertà di movimento e di espressione politica. Chiunque osi varcare quel confine, o semplicemente osi criticare la sinistra e non alzare il pugno chiuso, è di conseguenza un fascista, quindi merita di essere escluso dal "circolino". Per altro, con quest'accusa ormai diventata mantra, non vengono messi in discussione i contenuti degli interventi ma la mera partecipazione, perché spesso sono stati chiamati a parlare di tematiche che esulano dalla stretta politica, come l'arte, lo sport o i problemi del web. L’unica cosa che conta per i guardiani "democratici" è il luogo, il "salotto" politico in cui hanno deciso di sedersi.

In un Paese che si professa pluralista, l’idea che un personaggio pubblico debba chiedere il permesso ideologico per partecipare a un dibattito, o che debba temere per la propria carriera a causa di un invito sgradito alla sinistra, è la vera sconfitta della democrazia.

La risposta di Atreju, con la sua plurale passerella di ospiti, è stata l'unica possibile: avere voglia di confrontarsi con tutti e rifiutarsi di farsi intimidire dal ricatto morale di chi brandisce l'accusa di fascismo come un'arma spuntata per nascondere la propria intolleranza.

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