E il Grande Comunicatore finisce vittima di se stesso

Che succede Mr President? Faceva volare i cuori degli americani, ipnotizzava i media, predicava la forza dell’ottimismo, del cambiamento e, come un Messia, i fedeli lo seguivano. Ma proprio mentre Wall Street tocca i massimi dell’anno, la magia svanisce e Barack Obama scopre per la prima volta quanto sia difficile essere un presidente normale, anziché la superstar della politica. È successo a tutti, anche ai leader più amati e rimpianti, come Bill Clinton e Ronald Reagan, che durante i loro mandati hanno dovuto superare fasi di pressante impopolarità. Accade anche a lui. Barack, d’altronde, se lo aspettava, anche se forse non così in fretta e non con tanta brutalità. Già, perché in giugno, secondo la maggior parte dei sondaggi, beneficiava di un tasso di approvazione del 70%, che tre giorni fa è sceso al 55% e che ora, secondo Rasmussen, è precipitato addirittura un punto sotto il 50%. Traduzione: gli americani insoddisfatti del suo operato sono in maggioranza.
Più che una crisi, un tracollo, che in un certo senso Barack Obama si è procurato da solo. È bastata una conferenza stampa nell’ora del massimo ascolto televisivo per confezionare quello che oggi appare come un sorprendente suicidio mediatico. Il botta e risposta con i giornalisti, mercoledì notte, avrebbe dovuto ridare forza alla riforma sanitaria, che prevede l’introduzione della copertura universale. Ha ottenuto il risultato opposto: i contrari sono aumentati. E quando ha dovuto rispondere all’unica domanda fuori programma sull’arresto di un professore nero suo amico è riuscito a creare una polemica a sfondo razziale. Tanto da essere stato costretto, ieri, a giustificarsi dicendo che avrebbe potuto calibrare meglio le sue parole.
Non è la prima volta che capita. Ottimo interprete di discorsi, quando deve parlare a braccio, il Grande Comunicatore incespica, balbetta e tende a compiere gaffe. Qualche settimana fa disse che quando giocava a bowling sembrava un atleta delle Olimpiadi degli handicappati, facendo infuriare i disabili americani.
L’altra notte ha definito «stupido» e di fatto razzista il comportamento di un poliziotto di Cambridge, nel Massachusetts, che qualche giorno prima aveva arrestato un professore di colore di Harvard, scambiato inizialmente per un ladro e che aveva dato in escandescenze insultando l’agente. Quel professore era un amico di Obama, che, pur ammettendo di non conoscere con precisione i fatti, ha biasimato pesantemente la polizia.
A infuriarsi sono state decine di milioni di americani che sostengono le forze dell’ordine, tra cui molti progressisti. «Ho votato per Obama, ma sono molto deluso. Come ha potuto lanciarsi in questa storia senza essersi prima documentato?», ha scritto un lettore democratico sul sito del Boston Globe. Che la destra sia scontenta non sorprende nessuno, la novità è che il malumore dilaga a sinistra e tra gli indipendenti.
Gli indici di ascolto confermano un vistoso calo d’interesse: la prima conferenza stampa, in febbraio, fu seguita da 50 milioni di telespettatori, quella di aprile da 29 milioni, l’ultima da 24 milioni. Il problema è che Obama è sovraesposto.

Accusa i media di imporgli i ritmi massacranti della società dell’informazione, ma poi si scopre che è il presidente che ha indotto il maggior numero di conferenze stampa e di interviste esclusive nei primi sei mesi. Troppo Obama banalizza Obama. Non tocca più né il cuore, né la mente degli americani. E ora è costretto a rincorrere.

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