E i morti italiani spaccano l’islam sul web

E i morti italiani spaccano l’islam sul web

Andrea Acquarone

«Audhu billah min ash-shaitani rajim»: cerco rifugio in Allah per ripudiare Satana. «L'omicidio e il suicidio sono proibiti nell'Islam, proibiti come continuità dei 10 comandamenti della Torah. L’omicidio e il suicidio sono peccati. L'Islam è vita, è amore per il prossimo, è perdono, non è terrorismo, non è morte».
Esordiva così, all’indomani dei sanguinosi e vigliacchi attentati di Londra il sito www.islamitalia.it. Era il luglio del 2005. Ieri, invece, nel crepitare dello sgomento di una nazione che accendendo la radio si scopriva orfana e vulnerabile, il nulla. Il silenzio. Come se nessuno sentisse il bisogno di «aggiornare» il proprio cordoglio verso il Paese da cui erano partiti quei tre uomini in missione di pace e uccisi in nome di un Allah evidentemente «diverso». Troppo diverso come lo raccontano le rassicuranti interpretazioni del Corano.
«Ricordiamo che il terrorismo con kamikaze non ha certo un'origine islamica. Siamo vicini nel cuore e nelle preghiere alle vittime del terrorismo», puntualizzava ancora, quel giorno, il portale dedicato ai musulmani che in Italia.
Un’Italia divisa, in cui rieccheggiano ancora le urla di piazza di chi appena qualche giorno fa inneggiava ancora a 10-100-1000 Nassirya. E che oggi magari trova il coraggio di esultare di fronte a tanto orrore.
L’Islam ci guarda e forse si specchia. In Egitto c’è una folla che piange e maledice i resti sbriciolati dei kamikaze di Al Qaida che seminano la morte sulle rive del mar Rosso. Qui, in questa terra devastata che è l’Irak in guerra perenne, c’è una popolazione che non ha paura di nascondere la propria rabbia. E si offre di donare il proprio sangue per il soldato italiano sopravvissuto.
Rahim non mostra il velo: «Ho già fatto sapere che io e i miei figli siamo disposti a donare il sangue. Anche se appartengono alle forze straniere - aggiunge la donna -, i militari italiani stavano semplicemente facendo il loro lavoro». Poco lontano, Helmi. Lui fa l’agricoltore, tra mine e bombardamenti: «L'uccisione di militari è da condannare come quella di civili», spiega. «Gli italiani sono impareggiabili in fatto di cooperazione e rispetto, perché colpire proprio loro?». Hala, studente universitario, punta il dito contro gli attentatori, che in questo modo «hanno colpito il futuro della democrazia». Un coro unanime, quello della gente che si incrocia su queste strade sporche di sangue. Suran Ali, avvocato, guarda più in là. E analizza: «I ritardi nella formazione del governo iracheno non hanno fatto altro che aggravare la situazione».
Poi, però, c’è l’altro Irak. O meglio, un altro Islam. Quello degli combattenti nascosti dai kefiah, o travestiti da pastori, che quando non piazza mine o imbraccia bazooka, «spara» da Internet. Un mondo fondamentalista che esulta per il massacro. Basta aprire qualcuno dei tanti siti web. «Ancora più del loro sangue, oh leoni del monoteismo, leoncini dell'Islam, fino a quando non pagheranno con le loro mani, rimpiccioliti, la Jizia» (imposta che dovevano pagare i non musulmani ai tempi del califfato, ndr)», digita felice Abu Al Raad, «padre del fulmine», il suo nickname. Ecco il forum dei guerrafondai di Maometto. «Allahuakbar, Allahuakbar» (Dio è grande, ndr) è l'invocazione più frequente.


Un altro utente che si firma Abdullah Isa titola: «Uccisi quattro soldati italiani», e si rivolge a Dio, per pregare: «Oh Dio, raccogli alcuni altri e uccidili tutti. Non lasciarne alcuno superstite, tu che sei onnipotente e padrone della terra e dei cieli». Chissà perché loro invocano un «Dio» assassino.

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