E i tre dell’«Ave Maria» restano sempre in panchina

RomaNel loro intimo, sognano a occhi aperti. In pubblico, fremono. Mordono il freno, preparano un futuro in grande. Qualcuno ha preso a definirli «trio dell’Ave Maria» (in attesa del quarto, che di sicuro verrà strada facendo), complice la loro antica - in qualche caso più recente - frequentazione di ambienti ultracattolici.
Roberto Formigoni, Renata Polverini, Gianni Alemanno: due governatori e un sindaco d’elevata ambizione. Da qualche tempo il significato delle loro esternazioni da recondito va facendosi sempre più espresso. «Dovremo trovare un nuovo leader», dice il governatore lombardo. Non una richiesta di dimissioni del premier, per carità, piuttosto (quasi) una confidenza a lui resa dal ministro La Russa. «La Russa ha riconfermato che Berlusconi non vuole ricandidarsi...», ha spiegato soavemente Formigoni, aggiungendo che il suo vaticinio su elezioni nella prossima primavera è solo «un ragionamento» che «mette in guardia sul fatto che il referendum per cambiare la legge elettorale e riportare il Mattarellum sembra avercela fatta». Ora, siccome il referendum «per noi è dannoso» e «c’è la possibilità che qualcuno chieda le elezioni anticipate», meglio che il Pdl «sia pronto». Dunque, occorrerà anticipare anche le primarie «per l’individuazione di un nuovo leader».
Al di là del contorto giro di parole, la sostanza è chiara e chiaramente testimonia la fretta formigoniana di scendere in campo, se non altro a contendere la leadership di Alfano. Ma la precipitazione comporta dei rischi, visto che ieri La Russa s’è affrettato a precisare che «la decisione di candidarsi o meno spetta solo a Berlusconi» e se il premier decidesse per il «sì» le «primarie avrebbero poco senso». A poco è valso anche l’invito del capogruppo Cicchitto a non concentrarsi sulla data di «ipotetiche elezioni anticipate». Formigoni ha ribadito che «la lungimiranza in politica non è solo una virtù, ma anche un dovere».
Di taglio lievemente diverso le - altrettanto frettolose - strategie di Alemanno e Polverini. Quest’ultima ha deciso di puntare tutto su Alfano, come se fosse già candidato alle primarie di coalizione, e lo sbandiera da mane a sera con la consueta irruenza mediatica. Il sindaco di Roma - dato per possibile terzo contendente alle Primarie - invece ha scelto una linea che alza fortemente il tiro sulla Lega, affinché il «Pdl non ceda al cerchio magico» di Bossi. Per il resto, il sindaco di Roma sembra come colui che dice di sì a tutto, purché ci si spicci a cambiar tutto. Sì a Confindustria, sì al premier e al governo in carica, sì ad Alfano premier. «Non siamo malpancisti», ma casi Minetti non dovranno «mai più» sussistere perché «offendono il Pdl e Berlusconi».

Alemanno dice di volersi «rimettersi alla centralità della figura di Berlusconi». Per far che? «Come elemento propulsore per indicare il leader successivo».
Tutto bene. Solo un dubbio ci tormenta: e se la «figura centrale» del Pdl non avesse affatto deciso di sedersi in panchina?

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