E gli italiani hanno le ruote a terra: «Come ci girano...»

SanremoE alla fine gli italiani sono i più veloci a trovare le scuse. Se Striscia la Notizia si dovesse un giorno occupare della Sanremo, il premio «Peppia», quelli che rosicano, quelli che «gne gne» non digeriscono con serenità qualcosa che va storto, andrebbe di diritto a Filippo Pozzato, che opera uno scatto telefonato e poi dà il meglio di se nel dopocorsa.

POZZATO. «Certo che mi girano, e anche parecchio ­ dice -. Stavo benone e credo che lo si sia anche visto in tivù. Ero di quelli che faticavano di meno in salita, ma la corsa non è andata come speravo». Un attacco in cima al Poggio: un po’ poco... «Avevamo poco vantaggio, alle spalle avevo Nibali e quindi ho mollato subito, non si riusciva a far niente perché c’era Bennati in quinta sesta posizione ed era inutile cercare di andare al traguardo ­ spiega il vicentino -. Il fatto è che la salita delle Mànie è stata presa un po’ troppo piano e i velocisti sono rientrati tutti senza fare troppa fatica e così alla fine ne avevano ancora da spendere». E adesso? «La condizione mi conforta. Spero di fare bene al Fiandre. Ho bisogno di vincere una grande corsa, ho bisogno di vincere, perché questa astinenza mi fa impazzire. Io so quanto valgo e so che prima o poi tornerò a vincere qualcosa di importante».

BENNATI. Anche Daniele mastica amaro, e recrimina per una pedina importante che è venuta a mancare dopo appena venti chilometri. «Stavo benissimo, la squadra ha fatto un lavoro eccezionale ­ dice Bennati -. Peccato solo che dopo 23 km è caduto Fabio Sabatini che nel finale sarebbe stato non prezioso ma fondamentale. È filato via tutto bene, come avremmo sperato e voluto, ma l’ultimo km è stato davvero caotico. Uno come Fabio sarebbe stato preziosissimo, perché era facile rimanere imbottigliati come alla fine infatti è accaduto».

REBELLIN. Lui è sereno: «È stata una Milano-Sanremo un po’ inaspettata. Pensavo si potesse fare più selezione, l’andatura è sempre stata alta ma ho visto che eravamo in troppi ai piedi del Poggio. C’erano squadre ancora molto numerose e ho capito che era dura far saltare la corsa. Ho provato lo stesso l’allungo ma avevo i miei dubbi che l’azione portasse dei benefici ed in effetti così è stato».
C’è qualche motivo particolare per il quale i velocisti sono riusciti a rimanere col gruppo di migliori? «Non saprei con esattezza. Sulla Cipressa noi ci abbiamo provato con Scarponi a rendere la corsa dura per staccarli ma la selezione non è arrivata e nessuno dei velocisti si staccava; sinceramente non riesco a dare una risposta. Sono stati bravi loro a rimanere davanti, questa è l’unica cosa certa».

PETACCHI. Bravo è stato anche Alessandro, che a 35 anni chiude quinto, primo degli italiani.

«C’è poco da dire: Cavendish è un talento vero, di quelli che nascono una volta ogni cinquant’anni. Errori? Gli errori ci sono sempre, io ad esempio sono rimasto un po’ chiuso, e sono partito tardi, ma vi dico solo una cosa: Mark avrebbe vinto comunque». Evviva la sincerità.

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